BIOGRAFIA

23.8.16

ARMI NUCLEARI: IL CONTRIBUTO ITALIANO!





di Gianni Lannes


Banche e imprese italiane dedite alla guerra atomica coperte dal governo Renzi ineletto e fuorilegge. Nel rapporto "Financial institutions drop the bomb from their investment portfolio", pubblicato il 15 novembre 2015 dall'associazione olandese "Pax for peace" sono evidenziate le relazioni che intercorrono tra 382 importanti banche internazionali, fondi pensione, compagnie di assicurazione e aziende che sviluppano o producono armamenti nucleari, che in Italia sono vietati per legge dall’adesione nel 1968 al Trattato di non proliferazione delle armi nucleari.

Le principali aziende coinvolte nel mantenimento e nella modernizzazione degli arsenali nucleari operano in Francia, India, Italia, Paesi Bassi e Stati Uniti: 26 società con un giro di affari pari a 493 miliardi di dollari. Dieci tra queste hanno sede in Italia. Il loro giro d'affari per sviluppare, testare, mantenere e modernizzare armi nucleari è stimato intorno ai 3 miliardi e 300 milioni di dollari. Le società sono: Anima, Monte dei Paschi di Siena, Banco di Sardegna, Banco popolare, Banca popolare di Sondrio, Banca popolare Emilia-Romagna, gruppo BMP, UBI Banca, UniCredit, Carige group.

Queste multinazionali stanno fornendo i componenti necessari per sviluppare, testare, mantenere e modernizzare armi nucleari. La quasi totalità di esse investe nei progetti di Finmeccanica, ditta italiana coinvolta nella progettazione, sviluppo e consegna di due transporter erector replacement vehicle di supporto al missile balistico intercontinentale Minuteman III degli Stati Uniti. Unicredit ha inoltre rapporti finanziari con la statunitense Aecom, che fornisce assistenza tecnica e servizi al Nevada Test Site, sito fondamentale per l'infrastruttura nucleare degli Stati Uniti, e con il gruppo Airbus, società olandese che fornisce assistenza ai sottomarini nucleari M51 della marina francese.

I nove Paesi dotati ufficialmente di armi nucleari (Cina, Corea del Nord, Francia, India, Israele, Pakistan, Federazione Russa, Regno Unito e Stati Uniti) stanno modernizzando i propri arsenali. Alcuni di essi si giustificano dietro la pretesa della manutenzione, mentre altri annunciano apertamente la produzione di nuove tecnologie e piani di sviluppo.  “Ad esempio, il Congressional Budget Office nel gennaio 2015 ha comunicato che gli Stati Uniti spenderanno circa 350 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni per potenziare e mantenere il proprio arsenale nucleare. Si arriverà a 1.000 miliardi di dollari nell’arco di trenta anni. Il solo programma di radicale modernizzazione delle testate nucleari tattiche B61, di cui 70 sono sul territorio italiano, costerà circa 10 miliardi di dollari. Queste testate saranno destinate ad essere trasportate dai nuovi aerei F35, 90 dei quali saranno acquistati dall’Aeronautica italiana come è stato confermato dalla recente legge sul Bilancio dello Stato 2016” nota Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo (IRIAD). Si stima che la spesa mondiale per queste armi sia di oltre 100 miliardi di dollari ogni anno. Questa spesa serve per assemblare nuove testate, modernizzare le vecchie e costruire missili, sistemi di lancio e tecnologie di supporto.  Se la maggior parte del finanziamento per le armi nucleari proviene da contribuenti che hanno sede all’interno dei Paesi nucleari, una parte consistente proviene anche da investitori privati di Paesi non-nucleari.

All’interno del rapporto, le istituzioni che finanziano queste attività sono elencate in tre gruppi in base alla misura del loro coinvolgimento nel finanziamento dell’industria militare nucleare intesa come insieme delle aziende che producono componenti chiave per testare, sviluppare, mantenere, modernizzare e dislocare le armi nucleari. Banche, compagnie assicurative, fondi pensione di 27 diversi paesi (“Hall of Shame”) investono significativamente nell'industria delle armi atomiche. 238 hanno sede in Nord America, 76 in Europa, 59 in Asia e nel Pacifico, 9 in Medio Oriente.  Per quanto riguarda l'Italia Unicredit e Intesa San Paolo nella lista dei “runners-up”. Nel complesso, 11 istituti bancari italiani hanno concesso una somma totale di 4 miliardi e 149 milioni di euro a 26 società. L'azienda Finmeccanica, di cui il 30,2% è del Ministero dell’Economia e delle Finanze, fa parte della “Hall of Shame”. A partire dal 2013 è legata alla produzione di testate destinate a far parte dell’arsenale francese e attraverso la joint venture MBDA e di un programma per la consegna di veicoli di supporto al missile balistico intercontinentale dell’esercito statunitense. 

I 10 maggiori investitori, tutti con sede degli Stati Uniti, da soli hanno fornito capitali per più di 209 miliardi di dollari. Tra questi i primi 3 (Capital Group, State Street e Balckrock) hanno investito più di 95 miliardi. In Europa, i maggiori investitori sono BNP Paribas (Francia), Royal Bank of Scotland (Regno Unito) e Crédit Agricole (Francia). 

Senza contare l'acquisto italiano - con denaro pubblico - di 90 cacciabombardieri nucleari F35 e la presenza in Italia di un arsenale atomico statunitense, dislocato sotto il controllo militare di Washington, da Aviano a Sigonella.



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