29.5.13

TRIVELLE SUL VULCANO MARSILI IN FONDO AL MAR TIRRENO. PERICOLO MAREMOTO INSABBIATO DALLO STATO

 
trivellazione del vulcano attivo Marsili (foto Eurobuilding)





di Gianni Lannes

Il rischio sale dagli abissi marini del Mediterraneo. Ma la Natura non ha alcuna responsabilità. E’ l’uomo che per sete di profitto economico trapana addirittura il più grande vulcano attivo d’Europa, che giace sul fondo del Tirreno, a poca distanza dalle isole Eolie. Si tratta di un’area marina solcata da faglie sismiche attive, zona notoriamente sismogenetica, ossia in grado di produrre terremoti. L’azione consiste nel trivellare il fianco roccioso del monte vulcanico da una piattaforma semisommergibile, per la modica spesa di 2 miliardi di euro. Chi c’è dietro? I soldi e gli interessi sono di investitori stranieri. Il “Marsili Project” prevede l’acquisizione di dati, la perforazione e quindi l’estrazione di energia dal fondo subacqueo. Conseguenze sull'ecosistema, sulle isole e sulle aree costiere italiane? 


 
fonte Eurobuilding

In attesa della probabile catastrofe, un lancio d’agenzia giornalistica recita: 

«Il progetto è partito nel 2006 - dice all'ADNKRONOS Diego Paltrinieri, geologo marino - e, fin da subito, la Società è stata affiancata da un gruppo di ricerca composto dall'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, dall'Istituto per la Geologia marina del Cnr-Ismar, dal Politecnico di Bari e dal Centro di ricerche sperimentali per le geotecnologie dell'Università di Chieti''. L'obiettivo è ambizioso: sfruttare l'energia che si sviluppa dal vulcano Marsili, vicino all'arcipelago delle Eolie. Il progetto è di una societa' marchigiana specializzata in ingegneria naturalistica, nel settore delle opere civili e delle infrastrutture, la Eurobuilding di Servigliano (Fermo) e si chiama 'Marsili Project'. Punta a utilizzare l'energia geotermica che si puo' sviluppare dal vulcano che si trova nelle profonde acque del mar Tirreno meridionale... Un vulcano sottomarino, il piu' grande d'Europa: 60 chilometri di lunghezza, 20 chilometri di larghezza, un'altezza di 3.800 metri, con una sommita' che sta a 400 metri sotto la superficie dell'acqua. Un vulcano che ha ancora un'attivita' idrotermale, con una fuoriuscita, cioe', di liquidi e acqua ad alta temperatura, sui 300 gradi, e che, per queste sue caratteristiche, offre la possibilita' di sviluppare un'alta entalpia, ossia la quantita' di energia che un sistema termodinamico puo' scambiare con l'ambiente esterno. La possibilita' dello sfruttamento del vulcano per creare energia geotermica nasce dall'idea del professor Patrizio Signanini dell'Universita' 'Gabriele D'Annunzio' di Chieti, che ha trovato nella Eurobuilding un partner industriale interessato a svilupparla. Il 'Marsili Project', afferma Paltrinieri, ''e' il primo esempio al mondo di valorizzazione di energia geotermica sottomarina. 



L'obiettivo e' produrre energia elettrica sfruttando il campo geotermico formato dal piu' grande vulcano d'Europa. Quest'area, infatti, e' una delle zone piu' ricche di giacimenti di fluidi geotermici al mondo. I numerosi vulcani presenti nel Tirreno meridionale, al largo delle coste siciliane, calabresi e campane, sono enormi sorgenti di calore''. L'acqua marina, spiega Paltrinieri, ''che s'infiltra al loro interno, si surriscalda, puo' raggiungere temperature di 400 gradi centigradi e pressioni superiori a 200 bar, e acquista un potenziale calorifero che puo' essere trasformato in energia elettrica, paragonabile a quello generato dalle piu' grandi centrali geotermiche mondiali o ad impianti nucleari di media taglia''. Il progetto, nel 2006, e' stato presentato al ministero dello Sviluppo economico per ottenere un permesso di ricerca esclusivo per l'area, che e' arrivato nel 2009. ''In questo momento -aggiunge Paltrinieri-, sta per partire la fase esplorativa, che prevede la costruzione, entro il 2013, di una prima piattaforma di trivellazione, con un pozzo pilota che dovrebbe arrivare ad una profondita' di 800 metri per scendere all'interno del vulcano, fino a 2 chilometri della sua altezza''. Il progetto prevede la costruzione, entro il 2015, di 4 piattaforme di estrazione per una produzione totale di circa 800-1.000 MegaWatt di energia geotermica, che sara' trasformata in energia elettrica, pari a 4,4 TWh, che potra' soddisfare i bisogni di consumo di una citta' delle dimensioni poco piu' grandi di Palermo, sui 700mila abitanti. L'investimento complessivo del 'Marsili Project' e' di 2 miliardi di euro oltre ai 26 milioni di euro previsti per la fase esplorativa».



Pericoli nascosti - Allora, tutto a posto, insomma, tutto regolare? Solo in apparenza.  La prima insensata stranezza? Intanto è stata esclusa a priori la valutazione di impatto ambientale. L’autorizzazione del permesso di ricerca datata 29 settembre 2009, in base alla nota protocollo DSA – 2009-0007569 del 26 marzo 2009 del Ministero dell’Ambiente con la quale è stato precisato che “per il settore geotermico in mare le attività relative alla prospezione propedeutica alla perforazione di un pozzo geotermico non sono suscettibili di procedura di verifica di compatibilità ambientale”, firmata dal direttore generale del Ministero dello Sviluppo Economico (dipartimento energia), tale Franco Terlizzese, attesta: 

«Visto il parere favorevole rilasciato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti- Comando generale delle Capitanerie di Porto espresso con nota n. 37003 del 24 aprile 2009; Visto il parere favorevole rilasciato dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali-Direzione Generale della Pesca marittima e dell’Acquacoltura espresso con nota n. 16148 del 21 maggio 2009; Visto il parere favorevole del Comando Militare Marittimo autonomo di Sicilia espresso con nota n. 55140 del 14 luglio 2009;… alla Società EUROBUILDING – S.p.A. con sede in Servigliano (AP) è accordato, per la durata di anni quattro a decorrere dalla data del presente decreto, il permesso di ricerca per fluidi geotermici denominato “TIRRENO MERIDIONALE 1” nel mare Tirreno meridionale . Golfo di S. Eufemia e Golfo di Policastro, zona E… L’estensione del permesso è di 678,30 kmq…». 

In ogni caso: «La Società è tenuta: …a corrispondere, a decorrere dalla data del presente decreto il titolare del permesso, alla competente Agenzia del demanio il canone annuo anticipato pari a euro 20,65 per kmq di superficie… inviare all’Ufficio territoriale di Napoli della Direzione Generale per le risorse minerarie ed energetiche in caso di richiesta di autorizzazione a rilievi sismici, un rapporto con la indicazione dei rischi di inquinamenti accidentali in mare durante le operazioni di prospezionea sollevare l’Amministrazione da ogni azione che possa esserle intentata da terzi in dipendenza delle operazioni di prospezione».


Il Tirreno meridionale è una zona ad alta densità di vulcani sommersi (come il Vavilov, il Magnaghi), alcuni solo dormienti ed altri inattivi: gigantesche sorgenti di calore. Latita una valutazione di rischi e pericoli per l’ecosistema e le prevedibili conseguenze sulle fasce litorali di Sicilia, Sardegna, Calabria, Campania, Lazio, Toscana, e Liguria

Infatti la Eurobuilding argomenta sbrigativamente: «Dalla fase esplorativa si passa ora a quella della fattibilità. Entro il 2013 la Eurobuilding conta di iniziare la trivellazione del pozzo pilota a circa 800 metri di profondità per toccare l'interno del vulcano fino a 2 chilometri. Il costo, comprensivo di installazione, generazione e trasporto dell'elettricità con elettrodotto sottomarino ad alta tensione, dovrebbe aggirarsi sui 2 miliardi di euro, ai quali si aggiungono i costi esplorativi di perforazione di 26 milioni di euro. Un costo al chilowattora comunque competitivo tra le fonti rinnovabili: a metà strada tra quello eolico e quello da biomasse, e dimezzato rispetto al fotovoltaico con il vantaggio che la geotermia non sconta l'intermittenza tipica del solare, come prova il fatto che si è guadagnato l'interesse di scienziati come Carlo Rubbia e perfino degli ambientalisti. Anche l'attenzione di investitori esteri è puntata sulla scommessa del Marsili, avamposto di un potenziale sfruttamento estensivo della fascia vulcanica sommersa al largo delle coste siciliane, calabresi e campane che spingerebbe la geotermia al 5-7 per cento del mix elettrico nazionale: diventerebbe la prima fonte rinnovabile dopo l'idroelettrico». 

Chi c’è realmente alle spalle di una ditta che si occupa di edilizia e gestisce una cava, ma addirittura vanta incresciosi precedenti ambientali nell’Adriatico? Sarà forse un paravento? Ecco le collaborazioni tecniche: «La volontà di allargare la ricerca industriale allo studio delle risorse geotermiche sottomarine - di cui l’Italia è ricca - ha portato Eurobuilding S.p.A. a sviluppare importanti sinergie con Università e Istituti di Ricerca, costituendo un Comitato Scientifico che comprende: l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia INGV; il Centro di Ricerche e Studi Sperimentali per le Geotecnologie dell'Università di Chieti CeRS-GEO; l'Istituto di Scienze Marine ISMAR del CNR; l’Università Politecnica di Bari».

Ulteriore anomalia: il Ministero dell’Ambiente (nota 26 marzo 2009) ha specificato che «Dovranno essere assoggettate a procedura di verifica di compatibilità ambientale le attività di perforazione del pozzo geotermico esplorativo». In questo caso la cosiddetta VIA (valutazione di impatto ambientale) non è stata approntata, mentre non vi è traccia pubblica dell’autorizzazioni ministeriali. Eppure,  secondo la ditta marchigiana  «Il Cammino del progetto "Marsili" si compone di tre fasi: Esplorazione, Perforazione, Produzione. Entro il 2012 potrà essere realizzato il primo pozzo geotermico offshore della storia. La perforazione dei pozzi esplorativi è la fase finale di ogni programma di esplorazione ed è il solo metodo che permette di definire con certezza le caratteristiche di un serbatoio geotermico e di valutarne il potenziale. L’attività di perforazione verrà sviluppata attraverso una struttura superficiale di supporto (piattaforma semisommergibile, drilling ship)… La prima unità produttiva offshore potrà essere in funzione nel 2015. Una volta effettuato il pozzo geotermico ed eseguite tutte le prove di produzione (per la determinazione del titolo e dell’entalpia del fluido e delle portate emungibili) la trasformazione in energia elettrica dei fluidi geotermici estratti deve necessariamente avere luogo in mare, al fine di evitare di disperdere il contenuto termico a causa di un eventuale trasporto sulla terraferma. Ad oggi Project Marsili ha già ottenuto una valutazione positiva dalla Direzione Generale per la VIA ( Valutazione di Impatto Ambientale ) del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Dalle prime evidenze emerge: 

Nell’area di mare oggetto del Permesso di Ricerca non risultano zone soggette a vincoli di tutela biologica, naturalistica e archeologica. L’area non esercita alcuna influenza sul regime dei litorali, né sulla fruizione turistica delle aree costiere, inclusi gli aspetti paesaggistici. Inoltre, le attività di esplorazione geofisica e geochimica del campo geotermico del vulcano sottomarino Marsili non sono invasive e non comportano alcun impatto sull’atmosfera e sull’ambiente idrico. Relativamente alle attività di perforazione geotermica non si prevedono impatti tali da creare modificazioni permanenti all’ambiente, considerata anche la breve durata delle operazioni previste».

Decisamente inverosimile quello che propina la Eurobuilding. Non vi sembra?




Allarme rosso - Nel 2004 ho realizzato un’inchiesta giornalistica pubblicata sulle pagine scientifiche del settimanale Panorama (Mare Nostrum di vulcani). Era emerso che il Marsili è un vulcano attivo. Nel 2010 il professor Enzo Boschi, sismologo per anni al vertice dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, a proposito del Marsili, ha precisato che «il cedimento delle fragili pareti del vulcano subacqueo potrebbero muovere milioni di metri cubi di materiali che potrebbe generare un’onda anomala devastante». 

Nell’occasione puntualizzò anche: «Il Marsili non solo è sommerso ma è privo di sonde pronte ad ascoltare le sue eventuali cattive intenzioni. Bisognerebbe installare una rete di sismometri attorno all’edificio vulcanico collegati a terra a un centro di sorveglianza. Ma tutto ciò è al di fuori di qualsiasi bilancio di spesa. Quello che serve - concluse Boschi - è un sistema continuo di monitoraggio per garantire attendibilità. Ma è costoso e complicato da realizzare. Di sicuro c’è, che in qualunque momento potrebbe accadere l’irreparabile e noi non lo possiamo stabilire».

Il movimento delle faglie che si trovano sul fondo del mare provoca i maremoti, soprattutto se innescato con intenti bellici o commerciali. Non si si tratta di emergenze che interessano esclusivamente gli Oceani Pacifico e Indiano, come il terremoto sottomarino che il 26 dicembre 2004, nelle Andamane scatenò lo tsunami che avrebbe inghiottito 232 mila asiatici, senza che scattasse alcuna emergenza. Da non crederci: il Governo degli Stati Uniti era al corrente del disastro prima che si verificasse. Come avranno fatto a saperlo anticipatamente?

Nel 2007 una serie di approfondimenti scientifici dell’Ingv poco note indicano che anche il «Mare Nostrum» non sfugge a questi disastri ricorrenti. «Recenti ricerche storiche e di geologia dei depositi costieri, una nuova disciplina che consente di indagare gli episodi di tsunami di cui non si hanno evidenze storiche dirette, hanno accertato che in Italia se ne arrivano a verificare, di una certa rilevanza, cinque o sei per secolo - ha precisato Enzo Boschi - Certo non si tratta di fenomeni così imponenti come quello del Sud Est asiatico, comunque capaci di provocare vittime e danni». «L’aspetto innovativo dei nostri studi - aggiunge Boschi - consiste nell’identificazione, una per una, delle sorgenti sismiche in grado di scatenare i maremoti e nella localizzazione dei tratti delle nostre coste più a rischio».

Nel Tirreno meridionale si trova la sempre attiva fascia sismogenetica Ustica-Eolie, responsabile già in passato di maremoti particolarmente distruttivi. Gli scenari elaborati dall’Ingv mostrano che, «per effetto delle sorgenti tsunamigeniche elleniche, ci sono circa 1.200 chilometri di coste italiane affacciate sullo Ionio e sul Canale di Sicilia, da Bari a Trapani, passando per Taranto, Catanzaro, Reggio Calabria, Catania, Siracusa e Agrigento, in cui l’onda di maremoto può superare il metro d’altezza. Le sorgenti nordafricane potrebbero generare maremoti fino a un metro di altezza sul versante meridionale della Sardegna, e più modeste altrove nelle coste tirreniche. I maggiori terremoti attesi nella fascia Ustica-Eolie possono generare tsunami di mezzo metro nel Palermitano e nel Messinese, oltre che nelle stesse isole a nord della Sicilia. Le altezze calcolate dai ricercatori si riferiscono, tuttavia, all’onda che si presenta davanti alla costa, e che è destinata ad amplificarsi notevolmente quando invade la terraferma. Gli stessi scenari evidenziano il problema più critico del rischio maremoti nel Mediterraneo: date le piccole dimensioni del bacino e le velocità medie di propagazione dell’onda di oltre 300 chilometri orari, in caso di allarme, ci sarebbero soltanto poche decine di minuti o meno per fare spostare la popolazione costiera verso l’entroterra».

Pe il primo ministro Enrico Letta (affiliato Bilderberg) e per il suo illuminato tutor, Giorgio Napolitano (associato Aspen) a capo del Quirinale e direttore d’orchestra per conto terzi, ho una domanda non concordata. 

Quali sono gli indici di sicurezza per la popolazione costiera italiana a seguito del Marsili project e della perforazione dei Campi Flegrei? Vale la pena trivellare un vulcano attivo e la più esplosiva area sismica dello Stivale, che potrebbero scatenare conseguenze disastrose su milioni di persone e su gran parte della Penisola?

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