9.4.13

STRAGE MOBY PRINCE: ARMAMENTI USA E SPUNTA LA ROSSO



Moby Prince (foto web)



di Gianni Lannes


Non esiste alcun mistero per le 140 vittime, ma solo ingiustizia ordinaria. I padroni yankee sono intoccabili criminali in divisa e doppiopetto.

Ecco i fatti documentati di quel tragico 10 aprile di 22 anni fa. Dalle carte processuali è affiorato un documento ufficiale - forse sottovalutato o addirittura non esaminato attentamente dai giudici - targato Department of the Army, Military Trafic Management Command, Terminal Battalion Italy, firmato dall’allora comandante del Leghorn Terminal, il tenente colonnello Jan Harpole. L’atto è una comunicazione dell’arrivo al porto di Livorno nel marzo dell’anno 1991, di alcune navi provenienti dal Golfo Persico, teatro della guerra contro l’Iraq. L’operazione “Desert Storm” si è conclusa e gli armamenti inutilizzati - compresi gli ordigni all’uranio impoverito - devono essere stoccati nei depositi della colonia italiana.

Annota l’ufficiale a stelle e strisce: «Si notifica che le sottoelencate navi trasportano materiale di proprietà del governo degli Stati Uniti d’America destinato alla base Usa/Nato di Camp Darby, Tombolo Pisa… Le navi sono sotto il diretto controllo del Dipartimento della Difesa Usa (Militarizzate), pertanto esenti da qualsiasi tassa o visita di controllo a bordo».

Questo rapporto fa riferimento soltanto a tre navi cariche di armamenti, ovvero Cap Breton (bandiera USA), Edfim Junior (bandiera ellenica) e Galant II (bandiera di Panama). Nel 2002, secondo l’avvocatura militare nordamericana (a firma del capitano di vascello John T. Oliver) erano 5 i mercantili militarizzati. Precisa in un documento scritto, infatti Oliver, senza però fornirne i nomi identificativi: «Erano cinque (e non tre) navi merci noleggiate dal Comando trasporti militari Usa».

10 aprile 1991: la nave traghetto “Moby Prince” di proprietà della “Navarma Lines”, ormeggiata alla banchina “Carrara 50”, salpa in direzione della Sardegna. Il cielo è sereno, il mare è calmo, visibilità 5/6 miglia. Quella sera, nella rada livornese sono presenti alcune navi militari italiane, ed almeno una mezza dozzina mercantili militarizzati USA carichi di armi, di ritorno dalla prima guerra del Golf: Gallant II, Edfim Junior, Cape Breton,  Cape Syros, Cape Farewell, Cape Flattery. Proprio quella sera sono in corso operazioni in uscita di materiale bellico (armi ed esplosivo) da parte delle forze armate nordamericane, con il silenzio complice delle autorità italiane (anche portuali), fra la base militare USA di Camp Darby (situata a pochi chilometri da Livorno, è la base logistica che rifornisce le forze terrestri e aeree Usa nell’area mediterranea, nordafricana e mediorientale. E’ l’unico sito dell’esercito USA in cui il materiale preposizionato è collocato insieme alle munizioni, comprese quelle a uranio impoverito e quelle al fosforo usate in Iraq. Da qui è partita gran parte degli armamenti e altri materiali usati dall’esercito e dall’aviazione USA nelle due guerre contro l’Iraq e in quella contro la Jugoslavia. La funzione di questa base non è stata però solo quella di supporto logistico alle forze dello Zio Sam. Dalle inchieste dei giudici Felice Casson e Carlo Mastelloni emerge che Camp Darby ha svolto sin dagli anni '60 la funzione di base della rete golpista costituita dalla Cia e dal Sifar italiano nel quadro dei piani segreti Stay Behind e Gladio) e il porto di Livorno (in questi giorni è in corso l'avvio dell'Operazione Provide Comfort). 

Nella rada c'è anche la nave 21 Oktobar II (della flotta pescherecci Shifco su cui tre anni più tardi indagherà Ilaria Alpi per il traffico internazionale di armi e rifiuti tossici, assassinata a Mogadiscio insieme all’operatore Miran Hrovatin). 

Mentre la Moby Prince sta terminando le manovre d’uscita dal porto di Livorno, in rada accade qualcosa di strano, nell’aria si espande un forte odore di nafta e la superpetroliera italiana Agip Abruzzo (ufficialmente carica solo di greggio Iranian Light, invece contiene anche nafta e sta rifornendo carburante ad altre navi) comincia ad essere avvolta da uno strano fenomeno nebuloso e poi d’improvviso le luci di bordo si spengono tutte di colpo, ad eccezione di strani bagliori giallo-rossastri e di sporadiche luci arancioni sicuramente non identificabili come luci di bordo, tutte concentrate nella zona del castello di poppa della superpetroliera. Sul canale 16 viene registrata una frase in inglese di provenienze ignota: “The passenger ship, the passenger ship” (“La nave passeggeri, la nave passeggeri”). In questi minuti, le trasmissioni di bordo e il radar del Moby Prince risultano disturbate da un cono d'ombra. Un’altra strana frase di provenienza ignota viene registrata sul canale 16 ed attira l’attenzione. Una voce stupita, dice in italiano: “Chi è quella nave la ?”. Una bettolina taglia la strada al traghetto Moby Prince (ufficialmente nessuna bettolina deve essere fuori dal porto secondo i registri nautici) e va a sbattere contro la superpetroliera Agip Abruzzo, poi, il nulla. 

A due miglia e mezzo dal porto di Livorno, avviene la più grave tragedia della marineria italiana, in tempo di pace. Dalle navi Moby Prince e Agip Abruzzo vengono immediatamente lanciati drammatici SOS. I minuti passano e da bordo delle navi, come evidenziano le comunicazioni radio, nessuno si spiega come mai, a così breve distanza dal porto, nessuno arriva per i soccorsi. Sul lungomare della città di Livorno intanto, folle di curiosi cercano di capire cosa sta accadendo in mare e intravedono un elicottero che volteggia sulle navi in fiamme (visto anche dal marinaio di guardia dell’Accademia Navale Massimo Vernace e dall’Avvisatore Marittimo Romeo Ricci) che scompare improvvisamente in direzione della base militare USA di Camp Darby. 

Arriva l’ennesima strana comunicazione che caratterizza il canale 16 in quella notte a Livorno: “This is Theresa, this is Theresa to Ship One in Livorno ancorage, I am moving out I am moving out, breaking station!” (“Questa è Theresa, questa è Theresa a Nave Uno in rada a Livorno, sto andando via, sto andando via, passo e chiudo”). Nessuno sa chi sono Nave Uno e Theresa né perché avvengano queste comunicazioni in codice. 

Questa nave fantasma per anni ha costituito un cruccio. Ma, proprio ieri, grazie a una perizia condotta da esperti consultati dai figli del comandante del Moby Prince, almeno questo mistero è stata svelato: «Dalle nostre comparazioni - ha spiegato Gabriele Bardazza, l'esperto nominato da Angelo Chessa, figlio del comandante della Moby Prince - si evince che Theresa è il Gallant II, una delle navi militarizzate che quella notte erano impegnate nel trasporto di armi presso la base di Camp Darby. Resta da capire - ha proseguito l'esperto - il motivo per cui il comandante abbia ritenuto di non utilizzare via radio il proprio identificativo ma un nome in codice, come resta da spiegare il fatto che i periti del tribunale non si siano mai preoccupati di analizzare a fondo le registrazioni per chiarire chi fosse Theresa, nonostante nel processo di questa nave fantasma si sia parlato a lungo».

Passano più di quaranta minuti dalla collisione prima che qualcuno riesca a raggiungere la superpetroliera, ma nessuno si occupa del Moby Prince che sta andando alla deriva in fiamme. I mezzi delle operazioni di soccorso attestano di trovare difficoltà a raggiungere il luogo del disastro per via del fumo denso sprigionato dall’incendio e perché all’improvviso, gli strumenti di bordo, hanno cominciato a non funzionare, rendendo difficile la navigazione strumentale (cono d'ombra delle trasmissioni). 

Dopo quasi un’ora e mezza, mentre l’equipaggio della superpetroliera abbandona la nave a bordo di una scialuppa in attesa di essere raccolto da un rimorchiatore, gli ormeggiatori del porto usciti per dar soccorso e la motovedetta CP 232, si avvicinano alla Moby Prince. 

La motovedetta CP 232 compie due giri intorno alla Moby Prince e al secondo passaggio, sulle ringhiere del ponte di poppa, le luci illuminano Alessio Bertrand (un giovane mozzo, appeso alla ringhiera del parapetto a poppa dritta) che si butta lasciandosi andare in mare e viene portato sulla barca degli ormeggiatori del porto. Nonostante il ritrovamento, nessun soccorso viene prestato al Moby Prince, tutti si concentrano sulla superpetroliera abbandonata e un solo rimorchiatore spruzzerà acqua nel corso della notte sullo scafo del Moby Prince mentre decine e decine di mezzi soccorreranno la superpetroliera. 

A dirigere le operazioni di soccorso dovrebbe essere il Comandante del Porto e responsabile della Sicurezza e della Salvaguardia della vita umana in mare in quel tratto di mare, l’ammiraglio Sergio Albanese (che è a bordo della motovedetta CP 250) insieme a Vigili del Fuoco di una squadra specializzata per interventi di questo genere, ma Albanese quella notte è come un fantasma, così come la motovedetta su cui è a bordo, che invece di avvicinarsi al traghetto per far valutare la situazione ai Vigili del Fuoco specializzati, si tiene a debita distanza. 

Il Moby Prince va alla deriva abbandonato ed è pericoloso, per questo il comandante del rimorchiatore Tito Neri Settimo decide di sua iniziativa di mandare a bordo del traghetto un suo marinaio per agganciare la nave. La prima persona a salire sul traghetto dopo la collisione è il marinaio Gianni Veneruso che sale a poppa, dopo aver toccato con le mani lo scafo non incandescente senza protezioni o tute antincendio. Gianni Veneruso sale a bordo, aggancia il cavo, e non soffrendo particolarmente delle elevate temperature, diventa la prova vivente che un tentativo di soccorso, almeno in quella zona della nave, era possibile. 

In seguito al disastro (che ha provocato 140 morti), le perizie ordinate dalla Procura di Livorno individuano, a bordo del Moby Prince, tracce di Rdx (è un esplosivo per uso militare codificato negli USA noto anche come T4) e miccia detonante alla pentrite.

I movimenti della 21 Oktobar II, tutti i fatti e i personaggi (come il trafficante internazionale di armi Monzer Al Kassar) a lei riconducibili, portano ad un'operazione segreta e parallela di traffico d'armi che nella notte fra il 10 e l'11 aprile sfrutta le misure di copertura militare messe in atto. Un ultimo aspetto si collega a questa vicenda e sarà testimoniato nella seduta numero 29 della commissione parlamentare antimafia della XII legislatura da Pier Luigi Vigna (nel 1991 procuratore capo della Procura della Repubblica presso il tribunale di Firenze. Si è occupato in quegli anni sia di indagini sul terrorismo nero che degli investimenti di Cosa Nostra in Toscana. Dal 1992 ha svolto anche la funzioni di procuratore distrettuale antimafia. Dal 14 gennaio 1997 è Procuratore Nazionale Antimafia, incarico che lascia nel 2005). Un mercato attrattivo in Toscana, almeno di passaggio, ma anche per insediamento, è quello delle armi.  

11 aprile 1991, la nave 21 Oktobar II, ufficialmente ferma per manutenzione e riparazioni al molo non operativo Magnale, nella notte tra il 10 e l'11 aprile effettua uno spostamento e la mattina dell'11 aprile viene vista ancorata ad un punto di ormeggio diverso da quello del giorno precedente. Nella conferenza stampa a cui partecipano oltre all’ammiraglio Albanese ed ai vertici della Marina, anche il ministro della Marina Mercantile Carlo Vizzini, il sottosegretario all’interno Valdo Spini, il presidente della Regione Marcucci ed il sindaco di Livorno Benvenuti, viene divulgata la versione ufficiale sulle cause della tragedia: “nebbia, distrazione da parte del personale di comando della Moby Prince, forse dovuta al fatto che la sera precedente si giocava Barcellona-Juventus, e pilota automatico inserito hanno portato il traghetto Moby Prince in collisione con la superpetroliera Agip Abruzzo ferma e non operativa (sulla superpetroliera viene trovata una manichetta bruciata usata per travasare liquidi), in mare, tra un'imbarcazione e l'altra”. 

Il capitano della petroliera, Renato Superina, nelle comunicazioni radio avvenute con la Capitaneria di porto pochi minuti dopo il primo SOS dice: “Una bettolina ci è venuta addosso …. la nafta è andata in mare e ha preso fuoco …. ho paura che salta tutta la nave”). La tesi della nebbia - infondata anche sulla base della testimonianza diretta in ambito giudiziario del tenente della Guardia di Finanza Cesare Gentile - verrà smentita due giorni dopo (il 13 Aprile 1991) dal Tg1 che manda in onda un filmato in cui si vede chiaramente l’incendio delle navi dalla costa e in seguito, dal registro dell'avvisatore marittimo del porto di Livorno nel quale c'è un'annotazione sulle condizioni di visibilità al momento del disastro: «Condimeteo alle 22:27, cielo sereno, mare calmo, vento da Sud (160°) 2/3 nodi, visibilità 5/6 miglia. La tesi del pilota automatico inserito, viene smentita il 3 Ottobre 1991, quando il nostromo Ciro Di Lauro (che il giorno della tragedia non era a bordo perché in permesso) confessa di aver tentato (il 12 aprile 1991), su ordine dell’ispettore della società Navarma Pasquale D'Orsi, di manomettere la leva del timone facendola passare da manuale (quale era) in automatico. Il tentativo fallisce perché la leva, ridotta in cenere dalle fiamme, si spezza. 

L’inchiesta è affidata al pubblico ministero Luigi De Franco che il 10 Ottobre 1991 richiede alle autorità nordamericane le fotografie scattate dai loro satelliti sulla rada di Livorno e i tracciati radar in loro possesso relativi alla notte fra il 10 e l'11 aprile 1991. La risposta americana, che arriverà anni dopo, recita che “nessun satellite era operativo quella notte nella rada di Livorno e addirittura non esistono tracciati radar in quanto, a parere del comando americano di Camp Darby, non c’erano radar operativi in Italia perché gli USA non hanno bisogno di vigilare su un paese amico (saranno poi scoperte 5 foto satellitari cge). 



Il 30 novembre 1992, all’emittente televisiva livornese Telegranducato, nel corso di una trasmissione sul disastro, giunge una telefonata anonima fatta da una persona che dichiara di essere un dipendente di Camp Darby, addetto ai radar e testimone della notte della tragedia. Nell’escludere totalmente che la collisione sia stata causata dalla presenza di una bettolina, dalla nebbia, o da un errore umano, dichiara: “che quando nel civile, ci si mette di mezzo il militare le cose si complicano”, poi ammette che “loro hanno visto tutto e sanno cosa è realmente accaduto”. In più ammette che “la notte della tragedia, sulla zona, era presente un elicottero militare USA”.

 
stralcio di un rapporto della Guardia di Finanza



Navi dei veleni - Due tragedie si intersecano. E' davvero singolare che muoiano due testimoni oculari alquanto scomodi, a poca distanza l'uno dall'altro, prima di essere interrogati da un magistrato? Sarà stato un caso? Il rapporto del comandante della Squadriglia navale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria al procuratore Alberto Cisterna rivela: 


«Si comunica in questo contesto che due membri dell’equipaggio della Rosso sono deceduti. Essi sono Campus Giovanni Battista che sulla Rosso era l’ufficiale R,T, il quale ha perso la vita il 10.4.91 in seguito all’incendio della motonave Moby Prince sulla quale era imbarcato. L’altra persona deceduta è il Sig. Lambardi Mario, nostromo della Rosso, che si è estinto a Pozzuoli (NA) il 28.2.91». 

Il mercantile Rosso, meglio nota come Jolly Rosso di proprietà dell'armatore Ignazio Messina & C: si era spiaggiato il 14 dicembre 1990 sul lido di Formiciche, lungo la costa tirrenica, tra Paola e Lamezia.

Ecco, tra l’altro, cosa ha rivelato il tenente Gentile delle Fiamme Gialle, in sede processuale: «Alle 22:40 sono uscito dall’imboccatura sud del porto di Livorno. C’era una giornata chiarissima e ho contattato la posizione delle varie navi in rada. Ho visto a nord che c’era una barca che imbarcava le armi… Sull’altro raggio c’erano altre quattro navi fra cui c’era anche una nave, forse di munizioni; mentre all’imboccatura nord proprio all’altezza del Calambrone c’era illuminata la nave americana che stava caricando le munizioni».


Ilaria Alpi e Miran Hrovatin


Cronologia utile  

28 febbraio 1991, termina ufficialmente la Prima guerra del Golfo. febbraio-marzo 1991 (Roma), mentre la Somalia sta per sprofondare in una sanguinosa guerra civile, in Italia arriva un profugo speciale, il generale somalo Osman Anaghel. A riceverlo in un grande albergo di Roma ci sono, l'allora colonnello del Sismi Luca Rajola Pescarini (responsabile della seconda divisione del Sismi che si occupava delle attività del servizio segreto all'estero) e Giorgio Giovannini (per anni ha collaborato con il dittatore somalo Siad Barre a trattative per la fornitura di armi alla Somalia e curato l'interesse dei suoi familiari). Luca Rajola Pescarini e Osman Anaghel si conoscono da molto tempo, e sono in solidi rapporti, così come Osman Anaghel e Giorgio Giovannini. Dopo questo incontro Osman Anaghel si trasferisce a Carpi, ospite a casa di Giorgio Giovannini.

Marzo 1991: prende il via ufficialmente l'Operazione Provide Comfort (Iil comandante dell'intera operazione è il generale John Shalikashvili). E' un'operazione militare a cui presero parte gli USA e alcuni alleati (Australia, Francia, Paesi Bassi, Regno Unito e Turchia), ufficialmente, con lo scopo di difendere e portare aiuti umanitari ai Curdi che cercano di sottrarsi alle ritorsioni (anche bombardamenti aerei) della dittatura di Saddam Hussein dirigendosi in fuga verso il nord dell'Iraq. Il 3 marzo 1991, il generale statunitense Norman Schwarzkopf (comandante dell'operazione Desert Storm nella Guerra del Golfo) avverte gli iracheni che i loro velivoli sarebbero stati abbattuti dagli aerei della Coalizione se fossero stati in volo sopra il paese. Il 20 marzo un F- 15 Eagle degli USA abbatte un aereo iracheno. Due giorni dopo gli F-15 Eagle degli USA abbattono altri due aerei iracheni.

marzo-aprile 1991: Una nave della flottiglia pescherecci Shifco, scarica materiale militare e combustibile, provenienti dall'Italia, a Kisimayo (nel sud-ovest della Somalia). Questa operazione, che sarà uno degli obiettivi delle indagini di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, verrà confermata dalla testimonianza del sultano di Bosaso, Abdullahi Bogor Muse (capo del clan migiurtino che controlla il territorio). Nella testimonianza, Abdullahi Bogor Muse dirà che il traffico di armi verso la Somalia (soprattutto di fabbricazione sovietica) non sempre passa dall'Italia (anche quando i trafficanti sono italiani, come nei casi del traffico internazionale di armi di Monzer Al Kassar), aggiungendo che nel periodo della dittatura di Siad Barre, le navi della flottiglia Shifco, portano armi dalla Somalia all'Italia, dopo la dittatura di Siad Barre, le portano soprattutto altrove.

15 marzo 1991: La nave 21 Oktobar II attracca al porto di Livorno e vi rimarrà per circa due mesi, ufficialmente per manutenzione e riparazioni al molo non operativo Magnale. 

24 marzo 1991: Florindo Mancinelli (presidente della Cooperpesca Adriatica e collaboratore di Omar Said Mugne) arriva a Livorno e dove rimarrà sino al 10 aprile 1991.

29 marzo 1991: Omar Said Mugne arriva a Livorno.

5 aprile 1991: L'ONU approva la risoluzione 688 con la quale ordina all'Iraq di cessare le ostilità contro la sua stessa popolazione vittima delle ritorsioni della dittatura di Saddam Hussein che seguono la Guerra del Golfo.

6 aprile 1991: L’operazione Provide Comfort inizia a consegnare aiuti umanitari ai Curdi e viene installata una No-Fly Zone sopra il 36º parallelo (una zona a nord dell'Iraq) sorvegliata dall'aviazione degli USA, della Francia e del Regno Unito. Piccole basi militari (formata da soldati americani, britannici, francesi e turchi) vengono installate in Turchia, vicino al confine con l'Iraq, per fornire aiuto alle popolazioni in fuga. Sull'operazione il Congresso degli USA svolgerà un'indagine nata dal sospetto che sotto la copertura “umanitaria” si svolga dell'altro, soprattutto perchè il 10 aprile 1991 sarà l'ultimo giorno di “emergenza Golfo” dovuta alla guerra appena conclusa e alcune operazioni militari non saranno più ufficialmente consentite. Un caso nato dalla strage di militari di diversi paesi causata dall'abbattimento (da parte di caccia militari USA) di due elicotteri Black Hawk degli USA in volo segreto sull'Iraq (nella no-fly zone) con i segnali elettronici di identificazione disattivati.

6 aprile 1991: Reggio Emilia: all'Hotel Astoria (a 30 chilometri da Carpi dove abita Giorgio Giovannini che in questi giorni ospita il generale somalo Osman Anaghel) sbarcano dei personaggi che hanno in programma di incontrarsi (anche con Giorgio Giovannini) e che una divisione del Sismi tiene discretamente sotto controllo per traffico di armi legato alle navi della flotta pescherecci Shifco. Sono Yussuf Ali Osman (noto anche come Ali Hussein, ambasciatore della Somalia presso la Santa Sede del Vaticano), Mohamed Hassan Hussein (addetto militare somalo, inservizio a Roma dal 1988) e Said Omar Mugne (proprietario della flotta pescherecci Shifco insieme a Paolo Malavasi). Yussuf Ali Osman e Mohamed Hassan Hussein sono i rappresentanti del deposto dittatore somalo Siad Barre. L'8 aprile 1991 lasciano l'hotel.

9 aprile 1991: Siad Barre arriva in visita non ufficiale a Roma mentre in città rientrano Yussuf Ali Osman (noto anche come Ali Hussein, ambasciatore della Somalia presso la Santa Sede), Mohamed Hassan Hussein (addetto militare somalo, in servizio a Roma dal 1988).

12 aprile 1991: 7° governo di Giulio Andreotti (organico a Cosa Nostra). Termina il 24 aprile 1992, poco prima della strage di Capaci.  

12 giugno 1991: SEC subentra alla Malit srl. 24 luglio 1991. Termina l'operazione Provide Comfort e contemporaneamente inizia l'operazione Provide Comfort II, sempre con le stesse finalità.  


Omicidio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin:
 http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/search?q=alpi

2 commenti:

  1. Grazie Gianni non smetteremo mai di ringraziarti per le attente e dettagliate cronache di verita' come questa

    ;-)

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  2. ...A dirigere le operazioni di soccorso dovrebbe essere il Comandante del Porto e responsabile della Sicurezza e della Salvaguardia della vita umana in mare in quel tratto di mare, l’ammiraglio Sergio Albanese (che è a bordo della motovedetta CP 250) insieme a Vigili del Fuoco di una squadra specializzata per interventi di questo genere, ma Albanese quella notte è come un fantasma, così come la motovedetta su cui è a bordo, che invece di avvicinarsi al traghetto per far valutare la situazione ai Vigili del Fuoco specializzati, si tiene a debita distanza.....

    che dolorosa lettura, nella mia città vive il fratello di una delle 140 vittime della Moby Prince e ricordo i suoi 'ricordi' e quelli della sua famiglia e non si può dimenticare.

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