26.3.13

BARILLA: ARMI IN PASTA DAL 1979




Il banchiere Gratian Anda, comproprietario di BARILLA
 
di Gianni Lannes


Affari, morte, malattie, insabbiamenti di Stati sotto controllo NATO e multinazionali del crimine. Più di tutto: un passato da occultare a tutti i costi, fino a negare l’evidenza e a minacciare chi osa raccontare la verità. Vero Barilla? E' così Mariconda? Guai a toccare i “potenti” parmigiani e gli onnipotenti svizzeri. E’ un tabù. Altro che mulino bianco: cibo industriale ed armi sovente vanno a braccetto. Dal 1979 con una prima iniezione di ben 10 milioni di dollari versati da Hortense Bührle (il padre era al soldo di Hitler), il clan svizzero Anda-Bührle, già padrone della multinazionale di armamenti Oerlikon-Contraves, diventa comproprietario della Barilla che fabbrica pasta, biscotti e merendine. 

Parola di Beppe Grillo - Nel 2006 la Feltrinelli pubblica il libro Tutto il Grillo che conta. Autore lo stesso Beppe Grillo. Si tratta di "dodici anni di monologhi, polemiche, censure. A pagina 75, è scritto testualmente: "C'è una ditta seria come la Barilla, i proprietari sono seri. Luca, Paolo e Guido. Sono tre brave persone. Io pensavo che fossero i titolari della Barilla. Hanno il 51 per cento, perché il 49 per cento della Barilla è di Walter Wurth, il più grande commerciante di armi pesanti d'Europa. Wurth fa carrarmati, mitra e lanciafiamme. E quando gli hanno detto ai Barilla: "Ma che cazzo di socio vi siete presi?", loro hanno detto: "Eh, ma anche lui a suo modo fa i bomboloni...". Allora, perché io devo non sapere che se compro un biscottino, un saccottino, una cosa con la marmellatina, metà dei mei soldi vanno a finanziare la guerra in Bosnia? Non ho questa informazione che me lo dice...".

Il 3 dicembre 2009, il settimanale Sette, edito dal quotidiano Il Corriere della Sera, ha pubblicato un'intervista a Guido Barilla. Il presidente dell'omonima multinazionale, ha minimizzato sul punto degli armamenti, a questa domanda - "Ancora Grillo. Ha raccontato del vostro socio-azionista al 15%, Anda-Burle, che produce armi - ha risposto così: «Altre balle. Roba vecchia».

Come al solito si nega l'evidenza schiacciante. Chissa se la Barilla avrà citato in giudizio Grillo per il danno di immagine. Comunque, i fatti conclamati smentiscono la vulgata barilliana: prove all’aria aperta di munizionamento da guerra: così per vedere l’effetto che fa. Tanto chi controlla i controllori? 

Il 15 gennaio del 2001, Il Corriere del Ticino ha riportato la notizia secondo la quale “erano in corso accertamenti su circostanze e possibili conseguenze dei test con munizioni all'uranio impoverito effettuati negli anni Settanta dalla Contraves, nel comune svittese di Unteriberg”. L’allarme e i controlli nell’azienda delle armi scattarono quando si venne a sapere che l’allora direttore del poligono di tiro della Contraves era malato di leucemia. Secondo il Dipartimento Federale della Difesa Svizzero, "i bombardamenti in Kosovo nel 1999 con munizioni contenenti uranio impoverito furono possibili proprio grazie alla produzione che la Contraves aveva iniziato negli anni ’70".  I bombardamenti aerei dall'Italia erano stati autorizzati - dentro la cornice NATO (una foglia di fico) - dall'allora primo ministro Massimo D'Alema.  

Qualche anno più tardi - nel 2005 - alcuni giornalisti della radiotelevisione svizzera di lingua italiana, Dinorah Herz, Enrico Pettinelli e Marco Tagliabue, hanno realizzato un’indagine sull'aumento di tumori, malformazioni e leucemie riscontrate negli abitanti di questo cantone svizzero. In loco, infatti, si trova un poligono militare della Oerlikon Contraves. Singolare coincidenza: la stessa holding elvetica ha effettuato a pagamento (verso lo Stato italiano che ha coperto gli esperimenti con il segreto di Stato) per decenni le sue sperimentazioni decisamente massicce anche in Sardegna e precisamente a Perdasdefogu – Salto di Quirra. 

Il Poligono sperimentale e di addestramento interforze del Salto di Quirra (Pisq) si trova tra Cagliari e Nuoro, nella parte sud-orientale dell'isola, dove si estende un vasto altopiano chiamato «Su Pranu», meglio conosciuto come «Salto di Quirra». La base è divisa in due grandi sottosistemi: un «poligono a terra», con sede a Perdasdefogu, dove si trova il Comando, e un «poligono a mare», con sede a Capo San Lorenzo, dove ha sede il distaccamento del Pisq. Il «poligono a terra» occupa una superficie di circa 12000 ettari. Il «poligono a mare», invece, occupa una superficie di circa 2000 ettari e si estende per quasi 50 chilometri lungo il tratto sudorientale della costa sarda, compreso fra Capo Bellavista e Capo San Lorenzo.

Esattamente in Sardegna dove i casi di tumori, leucemia e malformazioni sono lievitati dal 1977 in modo esponenziale tra gli ignari abitanti dei paesi che circondano il poligono militare. Allora, i tre giornalisti svizzeri hanno intervistato il generale Molteni (che all'epoca dirigeva il poligono militare di Quirra) per sapere i possibili collegamenti tra i due casi con l'uranio impoverito, che alla luce dei fatti erano evidenti ma non per il Generale. Lui non era d'accordo e l’ha sparata molto grossa: «Cominciassero a fare degli studi genetici e che non vogliono dire che qui sono tutti parenti. Si chiamano tutti Carta e Lai, si sposano tra cugini, fratelli». Secondo l'alto ufficiale "la sindrome di Quirra non è altro che un caso di endogamia". In altri termini: una balla colossale pronunciata dall’alto graduato. La trasmissione, comunque, andò in onda sulla rete svizzera di lingua italiana il 10 febbraio 2005. Effetti in Italia? Il silenzio assordante! Un generale così meriterebbe un processo per direttissima.Invece: onore e gloria sui morti altrui, civili e militari.

Ergo, una sciocchezza italiota: pure in quel cantone svizzero si sono sposati tra di loro, così in Iraq e pure nei Balcani si sono coniugati tra loro creando quattro incredibili situazioni - divise su due continenti - di endogamia. Eppure le Autorità dello Stato e della NATO sanno che non si tratta di stupidaggini, bensì di esplosioni di uranio impoverito, disperso nel territorio ed altro ancora! 


Sindrome di Quirra - Si chiama così la malattia che nella vastissima area occupata dal poligono militare più grande d'Europa, tra Barbagia e Ogliastra, nella Sardegna centrale, uccide civili e militari e fa nascere bambini deformi. Agnellini con orecchie al posto degli occhi, bambini nati senza il cervello, rilevazioni di radioattività. Se si esclude la scena di un film dell’orrore il pensiero corre magari a qualche paesino sperduto presso Chernobyl. Invece siamo in Sardegna, la regione che «…ha subito e continua a subire la peggiore colonizzazione militare della storia italiana”, come testimonia Mariella Cao, storica portavoce del Coordinamento Sardo “Gettiamo le Basi”.  

Nel mirino - Signora Cao cos’è il Salto di Quirra? «Il poligono Salto di Quirra, chiamato anche di Perdas de Fogu (in lingua sarda pietre di fuoco; n.d.r.), è il poligono più grande d’Europa, il fiore all’occhiello delle forze armate italiane. Usato, però, non solo dalle forze armate ma dato in affitto alle varie multinazionali delle armi, che lo usano come palestra per fare esperimenti, test, collaudi, come show-room per vendere armi, per far vedere come funzionano bene razzi e missili! Quindi ha questo doppio ruolo civile, per così dire, e militare, cioè messo a disposizione dell’industria militare. Da questa specie di affitto il poligono ricava, cioè il Ministero della Difesa, un fiume di miliardi, perché affittare un poligono costa, e costa tanto. Normalmente ci sono due, tre imprese che hanno in affitto parti diverse del poligono. Di quello che succede, in gran parte se ne sa poco o niente. Quello che si sa è che in questa popolazione, cioè in questa frazione di Quirra, che è incuneata tra il lato a mare e il lato a terra di questo poligono, si registrano a partire dal 1998 (il primo allarme) ad oggi, su 150 abitanti 20 casi di leucemia o tumori al sistema emolinfatico. Ormai in Sardegna è nota come la Sindrome di Quirra, perché sono le stesse patologie della cosiddetta sindrome del Golfo e dei Balcani. I dati ufficiali, che abbiamo strappato con una lotta durata anni, prendono in esame solo la mortalità. La mortalità, sempre per tumori al sistema emolinfatico, ammonta a 14 casi, 20 con gli ammalati. In un altro paese, Escalaplano, situato sul lato Ovest, nel confine interno del poligono, contiamo 14 bambini nati con gravissime malformazioni genetiche. Ma sono gli stessi militari a fare da cartina da tornasole. Tra militari che hanno prestato servizio nel poligono di Quirra contiamo 17 casi, sempre da tumore da sindrome di Quirra».

Da cosa sono provocati questi tumori e queste malformazioni? «Subito si è pensato all’uranio. L’attenzione, però, all’inizio si è puntata sui casi dei militari reduci dalle zone di guerra che rientravano, visto che la Brigata Sassari è sempre in prima linea. Nella prima guerra mondiale è stata usata come carne da macello, adesso sempre in prima linea come carne da radiazione. Quindi all’inizio l’attenzione era rivolta soprattutto sui militari che rientravano dai Balcani. La famiglia del militare Salvatore Vacca (prima vittima della “sindrome dei Balcani”, n.d.r.), infatti, ha sempre sostenuto che la leucemia che ha ucciso Salvatore nel 1999 è stata provocata dall’uranio. Quasi subito parla un’altra famiglia, denunciando il caso del proprio famigliare colpito dalla stessa malattia, che però aveva prestato servizio solo a Capo Teulada. Da lì l’attenzione. Se lo usano nei Balcani, è possibile infatti che lo abbiano usato in Sardegna, perché in Sardegna vengono ad allenarsi e ad addestrarsi gli eserciti di mezzo mondo, in primis gli Stati Uniti, che hanno in loro dotazione, come armamento standard, il munizionamento all’uranio. Le esercitazioni in Sardegna si fanno con vero munizionamento da guerra. L’Italia, almeno ufficialmente, non dovrebbe averne (di armamentario all’uranio, n.d.r.), però il problema non è l’Italia è soprattutto l’uso da parte degli altri eserciti (stranieri, n.d.r.). A Quirra il problema è che il poligono viene usato soprattutto da imprese private. Quindi, al segreto militare si somma il segreto industriale. Se di quello che fanno i militari un minimo di informazione c’è, perché è dovuta per legge, di quello che fanno le imprese private non se ne sa niente, e poco o niente ne sanno anche i militari. Perché queste aziende private si limitano ad autocertificare che è tutto in regola, però nessuno controlla questa autocertificazione delle imprese. E come risulta ormai ufficialmente dagli atti della Commissione Senato, il segreto industriale supera e scavalca il segreto militare».

A quali imprese private fa riferimento? «Si va dall’Alenia, alla Fiat, all’Oto-Melara, all’Iveco, al Consorzio Eurosan europeo, all’Aerospatiale, insomma il gotha dei produttori di armi. Una di queste società, la Oerlikon Contraves S.p.A, che ha il suo stabilimento in Svizzera, ha usato e fabbrica armi all’uranio, come risulta da quello che è successo in Svizzera. E la Oerlikon Contraves S.p.A è uno dei migliori clienti del poligono di Quirra».

Senza risposta - Dalla quattordicesima alla diciassettesima legislatura corrono 9 anni. Ebbene, dopo questo lasso di tempo, il Governo italiano (al plurale: centro, destra & sinistra) non ha fornito uno straccio di risposta sensata. Infatti, l’allora senatore dei Verdi Mauro Bulgarelli ha presentato il 12 maggio 2004 (seduta 466),  l'interrogazione a risposta scritta 4-10006:

«BULGARELLI. - Al Ministro della difesa, al Ministro della salute. - Per sapere - premesso che: il poligono Interforze Salto di Quirra-Capo San Lorenzo il più vasto poligono d'Europa che si estende per 11.600 ettari nell'entroterra e 1.100 ettari lungo la fascia costiera (San Lorenzo). Le zone interdette o pericolose per la navigazione, annesse alla base militare, seguono quasi una linea retta che va da Siniscola a Castiadas, oltrepassano le acque territoriali e si estendono in acque internazionali impegnando oltre 2.800.000 ettari, una superficie che supera quella dell'intera Sardegna (kmq 23.821);
 
il «Poligono sperimentale di addestramento interforze del Salto Quirra», è suddiviso in due grandi e complessi sottoinsiemi: un «poligono a terra» con sede a Perdasdefogu e «un poligono a mare», con sede a Capo San Lorenzo. Il primo occupa una superficie di circa 12 mila ettari e si estende su tutta quella zona del Salto di Quirra che, partendo dai confini sud-orientali dell'abitato di Perdasdefogu, arriva quasi ai margini della baia di Capo San Lorenzo. Il secondo occupa invece una superficie di 2000 ettari e si estende per quasi 50 chilometri lungo il tratto orientale della costa compreso tra Capo Bella Vista a nord (Arbatax) e Capo San Lorenzo a sud (Villaputzu);

il poligono è adibito anche alla sperimentazione e al collaudo di siluri e materiale esplosivo da guerra; non è ben chiaro quante e quali armi si siano sperimentate in questo territorio, è però noto che non sono state provate solo armi del nostro esercito, ma anche armi di nazioni alleate e perfino di nazioni come la Libia;

il poligono è utilizzato, oltre che da Aeronautiche, Eserciti e Marine Nato, anche da ditte private costruttrici di sistemi d'arma. Funziona come grande fiera mercato dove industrie private effettuano prove, sperimentano e collaudano missili, razzi, armamenti e materiali da guerra e conducono organismi militari stranieri, i potenziali clienti, per le dimostrazioni promozionali delle armi prima degli acquisti;

nel primo semestre del '98 è stato impegnato dalla Fiat e dall'Alenia per complessive 244 giornate su 181 (più ditte private affittano spesso negli stessi giorni lotti diversi dello sterminato poligono). Nel costo di tale spazio sperimentale, circa 60-80 milioni al giorno, è incluso il diritto d'uso del mare sardo come bersaglio e discarica di missili e razzi di vecchia e nuova generazione;

l'intensa attività del poligono pone enormi problemi di ordine ecologico ed in termini di salute pubblica, in particolare da quando sono iniziate le sperimentazioni di munizioni radioattive ad uranio impoverito;

il moltiplicarsi dei morti per leucemia o sindrome di Hodgkin, decine di casi manifestatisi in pochi anni, distribuiti in un'area nella quale sono presenti solo cinquemila abitanti, in una zona altrimenti incontaminata dove al tramonto si possono osservare i fenicotteri, il Sarrabus, a circa 80 chilometri da Cagliari, hanno fatto parlare di sindrome di Quirra;

quasi tutte le vittime hanno in comune il fatto di aver lavorato all'interno del poligono di tiro per una ditta, la Vitrociset, che si occupa della manutenzione delle apparecchiature interne, o di aver lavorato o vissuto nelle campagne circostanti. Le persone colpite sono di tutte le età, compresi alcuni bambini. Ma anche i ragazzi che hanno prestato il servizio militare nella base militare di Quirra-Perdasdefogu o a Teulada; una dozzina sarebbero i casi accertati;

all'inizio di questa vicenda, con i primi casi di morti sospette segnalati nel 2000, pareva che ad essere colpiti dal male fossero reduci dai Balcani e dalle altre guerre umanitarie. Ma l'aumentare del numero dei ragazzi morti di leucemia o tumore, ha fatto emergere un dato comune anche a chi in zone di guerra non c'è mai stato: tutti avevano fatto il servizio militare nella base militare di Quirra-Perdasdefogu o a Teulada. L'ultima recente vittima: il venticinquenne Antonio Vargiu, che aveva prestato servizio di leva a Capo San Lorenzo;

da tempo diverse persone, abitanti della zona, il comitato Gettiamo le basi, i medici di base di Villaputzu, cercano di far luce sulla questione, sono stati svolti seminari ed incontri per informare gli abitanti del paese, sono stati eseguiti diversi prelievi ed analisi del terreno: è stata rilevata la presenza di uranio impoverito e cesio 136 ma, come è facile immaginare è molto difficile avere chiare informazioni sull'argomento; neanche il sindaco del paese, per quanto tenti le vie istituzionali, riesce ad ottenere risposte esaustive circa la natura e la gravità del problema;

una sentenza del Tribunale di Venezia dice a chiare lettere che a Quirra si muore di uranio impoverito sin dal 1977;

oltre ai rischi connessi alle sperimentazioni, per così dire di routine, vi sono quelli connessi a incidenti che, sfortunatamente, sono stati nel passato frequenti e gravi;
nel maggio 1998 (i due quotidiani dell'isola hanno dedicato pagine intere in data 28, 29, 30 maggio 1998). I missili furono recuperati nelle acque di Arbatax dopo giorni di ricerche: costituivano un pericolo, cioè erano carichi d'esplosivo;

a Maggio è avvenuto un (nuovo) «imprevisto» lancio di Hawk in base al programma reso noto alla Regione. Le norme in vigore impongono infatti che la programmazione semestrale sia obbligatoriamente proposta all'esame del Comitato Misto Paritetico e ottenga il parere favorevole della componente regionale, ma le attività concordate con i rappresentati della Regione sono state disattese ricorrendo ad una sorta di «variante in corso d'opera», verosimilmente senza dare alcuna comunicazione all'organismo istituzionalmente preposto «all'armonizzazione delle esigenze della Difesa con le esigenze della società civile»;

i parametri di sicurezza proposti sono risultati inattendibili o, peggio, inefficaci. Le prerogative dei rappresentanti della Regione Sardegna sono state raggirate con una scappatoia legale: un'ordinanza dello scorso febbraio, firmata dalle Capitanerie del porto di Cagliari e Arbatax, dal Comando militare della Sardegna e dal Comando del Poligono, ha dato il via libera ai lanci di missili Hawk per il mese di giugno. Il ricorso alle ordinanze «con le stellette» è uno dei vari modi di eludere e vanificare i controlli democratici imposti dalle leggi, 24 dicembre 1976, n. 898, 2 maggio 1990, n. 104 recanti norme in materia di servitù militari. Un altro sistema di uso corrente è l'impiego della dicitura «periodo da definirsi» in sostituzione delle date precise, obbligatorie per legge, entro cui effettuare i vari tipi di attività. Grazie a queste ambiguità, il poligono Salto di Quirra si è aggiudicato per il semestre in corso la straordinaria opportunità di effettuare a totale piacimento senza limiti di durata, senza obbligo di programmare un calendario, lanci ininterrotti di missili Aster 30, Kormoran, Iris-T nonché test di materiali esplosivi e voli addestrativi di Tornado per sei mesi su sei;

le conseguenze dell'intensificazione delle attività militari sono davanti agli occhi di tutti: quattro missili «difettosi» nell'arco di due mesi, quattro catastrofi rasentate (un incidente, non rilevato dalla stampa, si è verificato il 7 maggio: un missile fuori controllo è stato fatto esplodere in volo ed è ricaduto nell'area del poligono esponendo a gravi rischi il personale civile e militare);

pezzi del missile Aster 30 sono precipitati nell'aprile del 2003 in un ovile di Villasalto, che le forze armate hanno tentato di recuperare con inusuale solerzia e determinazione. «Il pezzo di missile ritrovato dopo un mese di intense ricerche» ha denunciato con comunicato il Comitato sardo gettiamo le Basi «appare diverso nelle foto pubblicate sulla stampa»;

sussistono ancora troppi interrogativi sul missile «impazzito» precipitato fuori dal poligono di Quirra;

il generale Carlo Landi, comandante del Poligono interforze Salto di Quirra, ha fornito le spiegazioni sull'incidente del 16 aprile scorso. Stando alla prima versione, riportata dall'Unione Sarda (18-19 aprile 2003) e da Liberazione (24 aprile 2004) il missile Aster 30 è sfuggito ai comandi ed è stato fatto esplodere in volo;

la seconda versione è stata riportata da La Nuova Sardegna (1o maggio 2003). Il generale Landi afferma: «Il personale ha attivato le procedure di sicurezza e ha inviato il segnale di autodistruzione (...) abbiamo stabilito che il malfunzionamento del sistema di autodistruzione, localizzato all'interno del missile è stato provocato dai violentissimi movimenti (...)». Quindi, se il sistema di autodistruzione non ha funzionato o ha funzionato male, ne consegue che l'Aster 30 non è esploso in volo. Questa seconda versione dell'incidente concorda con numerose testimonianze, nessuno ha sentito esplosioni, molti hanno visto un oggetto precipitare tra le montagne, in una località diversa da quella in cui i militari hanno poi intrapreso le battute di caccia al missile. È confermata inoltre dal fatto che il pezzo di missile, oggetto della ricerca che si protrae da tre settimane, è proprio la testata, la parte che avrebbe dovuto esplodere;

«purtroppo per noi sardi», affermano i membri del Comitato sardo gettiamo le basi «è un fatto di routine che nelle zone fuori dal poligono ricadano "regolarmente" ordigni bellici di vario tipo, scarichi e carichi di esplosivo. Non è affatto normale, invece, che i militari si prendano la briga di recuperarli». Le campagne di Quirra sono infatti disseminate di residuati missilistici e persino missili interi, il cui smaltimento è affidato esclusivamente al gioco di onde e mareggiate;

«ancora più anormale» ricorda il comunicato «è il fatto che le forze armate mobilitino addirittura cacciatori e pastori per setacciare le montagne»;

l'oggetto della lunga e accanita ricerca è la testata telemetrica: 18 centimetri di diametro, circa 50/70 centimetri di lunghezza, 70 chili di peso. Il rapporto peso/dimensioni appare decisamente anomalo e il peso specifico così alto;

il comandante del poligono interforze Salto di Quirra ha spiegato alla stampa che i missili «perduti» sono recuperati quando sono ritenuti interessanti per la sperimentazione o quando costituiscono un grave pericolo, ma né l'esercito, né i dirigenti dell'Eurosam, né il consorzio d'imprese private costruttrici del missile «impazzito», secondo quanto riportato nel comunicato sono i primi responsabili dell'attentato alla sicurezza della popolazione, non hanno fornito chiarimenti esaustivi circa la natura della testata -:

se non si ritenga di dover urgentemente fornire all'opinione pubblica ed agli abitanti dell'area in questione dei chiarimenti circa l'incidente di cui sopra; se non si ritengano le violazioni dei procedimenti legali per la programmazione delle esperimentazioni estremamente gravi e sanzionabili; come si giustifichi la reticenza nell'ammettere che il missile in questione non fosse esploso e quali materiali compongono la testata smarrita;
se non si ritenga che i molteplici rischi a cui sono sottoposti gli abitanti dell'area in questione ed il susseguirsi di morti ed incidenti siano tali da richiedere un'attenta indagine effettuata da organismi non vincolati in alcun modo né con l'esercito, né con le aziende che usufruiscono del poligono (per l'incompatibilità, tra il ruolo di controllore e il ruolo di controllato, considerato che indagini su un poligono militare gestite dagli ambienti militari o dal ministero della difesa non offrono secondo l'interrogante le necessarie garanzie d'indipendenza e autonomia), un'indagine quindi che dia finalmente risposte esaustive e scientifiche sulle possibili contaminazioni attraverso la segnalazione dei rapporti isotopici con cui l'uranio si presenta: nel caso dell'immissione in ambiente e in particolare il rapporto U-234/U-238 e che comprenda la ricerca della distribuzione dei rapporti differenziali nelle diverse aree di Quirra interessate nel tempo da sperimentazione con dispositivi bellici, in modo da poter confinare aree che siano eventualmente state soggette a contaminazione;

se sia possibile conoscere il contenuto di rapporti ufficiali riguardanti l'inquinamento radioattivo nell'area, il nome dei laboratori incaricati delle analisi già svolte e i responsabili delle stesse in modo da consentire alla comunità scientifica una seria e documentata valutazione della ricerca;

se non si ritenga che, allo stato attuale, in attesa degli inderogabili accertamenti, non vi siano le condizioni per proseguire l'attività del poligono e se non si ritenga opportuno sospenderle avviando le indagini e quindi le eventuali bonifiche».

Ha denunciato il dossier dei gruppi di base: «Gli interessi che gravitano intorno a Quirra sono giganteschi. Con i suoi 11.600 ettari la base è attrezzata per le prove sui sistemi d'arma più moderni, sofisticati e letali. Viene massicciamente utilizzata sia dai governi (per il 56 per cento del tempo) sia dall'industria militare privata (per il 44 per cento). Una micidiale combinazione militare-industriale che non ha certo problemi a sopportare il costo di 50 mila euro l'ora per l'affitto delle strutture della base. Tutto questo - prosegue il documento - comporta conseguenze sanitarie (tumori e malformazioni) ed economiche (espropri, povertà, emigrazione) pesantissime per le popolazioni che vivono in quell'area e anche per i militari che ci lavorano».

Qualche magistrato ha chiesto per caso delucidazioni al banchiere Gratian Anda (figlio di Hortense Bührle), rampollo della dinastia Bührle e comproprietario della Barilla? I soldi non puzzano, ma i reati contro l’umanità non vanno in prescrizione.

Allora, mister Guido Maria, come mai la Barilla che vanta una carta etica, poi si ritrova scheletri del genere dell'armadio di società, pardon soci e comproprietari?




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