BIOGRAFIA

31.1.13

MAR TIRRENO: TRIVELLANO IL VULCANO MARSILI

di Gianni Lannes

A nord delle isole Eolie, al largo delle coste di Campania, Calabria e Sicilia, si staglia sotto il fondo del mare, il più grande vulcano d’Europa, ma non si vede perché è completamente sommerso da 500 metri d’acqua. Si innalza per 3 mila metri: la sua struttura è lunga 70 chilometri ed è larga 30. Secondo l’intrattenitore televisivo Piero Angela «è un’ottima sorgente di energia geotermica».

Tant’ è che il Ministero dello Sviluppo Economico ha conferito il 29 settembre 2009 alla Eurobuilding Spa un permesso di ricerca esclusivo per fluidi geotermici a mare sull'area del Marsili: il programma delle attività prevede in primo luogo la realizzazione di un monitoraggio completo di tale struttura, utilizzando le metodologie e le tecnologie più innovative. Su questo programma la società con sede legale a Servigliano in provincia di Ascoli Piceno, ha già ottenuto una valutazione positiva dalla Direzione Generale per la VIA (Valutazione di Impatto Ambientale ) del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. In sostanza, lo Stato italiano ha escluso per decreto la valutazione di impatto ambientale.
Insomma, una follia legalizzata che potrebbe causare disastri irreparabili. Eppure, per mera sete di profitto economico i padroni del vapore procedono alla perforazione.


Pochi mesi dopo il rilascio del nulla osta, il 28 aprile 2010, il governo Berlusconi getta fumo negli occhi dell'imbambolata opinione pubblica. E si arriva alla scoperta dell'acqua calda. "Vulcani: sono 12 i sommersi". Il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi, ha firmato oggi una ordinanza di Protezione civile che darà il via a un piano di monitoraggio subaqueo di dodici vulcani sommmersi, nel mar Tirreno e nel canale di Sicilia. Lo ha annunciato il Capo Dipartimento della Protezione civile, Guido Bertolaso, in una conferenza stampa nella sede dell’Associazione stampa estera a Roma. Si tratta di un attività che non ha precedenti nel mondo. “Noi dobbiamo alzare il velo su questi vulcani sommersi che non vediamo - ha sottolineato Bertolaso - e cominciare a localizzarli esattamente. Dobbiamo vederli, toccarli, capirne i comportamenti”. Tra questi, ci sono il Vavilov e il Marsili: quest’ultimo è il vulcano con la superficie sommersa tra i più grandi al mondo. E’ necessario studiarli, per prevenire i rischi di possibili tsunami e poi porre in atto piani di prevenzione.


Bertolaso, ha citato il caso Stromboli, un vulcano alto quanto l’Etna (per due terzi è sommerso) che oggi è “uno dei vulcani più sorvegliati al mondo”. Il 30 dicembre 2002, il distacco di una parte in mare, a una profondità di 2000 metri, provocò uno tsunami “che non fu di poco conto”. Ci furono onde alte quanto il maremoto del 28 dicembre 2004 nel Sud-Est asiatico. Non ci furono conseguenze sulle persone, a parte un ferito lieve, solo perchè era inverno “Se lo stesso evento si fosse verificato in piena estate - ha sottolineato Bertolaso - il bilancio sarebbe stato sicuramente ben più pesante”: una decina o anche forse un migliaio di vittime con l’isola e le spiagge della sosta siciliana affollate di bagnanti e raggiunte dall’onda anomala.

“Per fortuna - ha detto Bertolaso - è avvenuto a dicembre”. Il progetto di monitoraggio si avvarrà anche della consulenza di esperti internazionali di vulcanologia e della comunità scientifica.

ERUZIONE DEL VESUVIO

di Gianni Lannes

A rischio quasi due milioni di persone, considerate "carne da macello" da chi detiene il potere. Quello che lo Stato italiano non dice alla sua popolazione. Sono stati registrati terremoti superficiali con ipocentro localizzato lungo il condotto, oltre che in emissioni fumaroliche lungo i fianchi del cono e del cratere. A parere degli esperti, una più che probabile ripresa dell’attività eruttiva, implicherebbe quindi un rapido rilascio di tutta l’energia accumulata. E’ considerato dagli esperti uno dei vulcani a maggior rischio del mondo. La sua storia ha insegnato che può produrre sia eruzioni effusive, sotto forma di effusione di colate laviche, nonché le ben più pericolose eruzioni esplosive. Nel frattempo, in attesa del peggio, la NATO ha evacuato alcuni suoi insediamenti nell'area. Ma questo è un segreto militare, meglio non far sapere nulla ai sudditi italioti.

Fatto sta che la Regione Campania dovrà fornire entro il 31 marzo 2013, elementi utili ad una delimitazione ancora più definita della “zona rossa” e del numero di residenti che andrebbero effettivamente allontanati in caso di eruzione del Vesuvio. Analogo  dettaglio andrà precisato entro giugno per i campi Flegrei. Lo ha reso noto il capo del dipartimento della Protezione civile, Franco Gabrielli (ex capo dei servivi segreti civili), in una recente conferenza stampa. “Non è una differenza da poco - ha sottolineato Gabrielli - avere un censimento preciso permetterebbe di calibrare ancora meglio le procedure di evacuazione che nel caso del Vesuvio, al momento, riguarderebbero 800mila persone e nel caso dei Campi Flegrei altre 400mila. Un’eventuale evacuazione anche via mare? Sino ad oggi si è pensato solo al trasporto su gomma, ma è un’ipotesi che non mi sento di escludere in partenza”.  Certo, sarebbe un evento di proporzioni importanti, che proporrebbe una serie di problemi almeno in parte gestibili solo sul campo, nell’immediato, e che dal punto di vista dei costi richiederebbe un fondo molto cospicuo e, quasi inevitabilmente, un contributo dell’Unione europea”.
 

30.1.13

PUGLIA: AFFARI RINNOVABILI



In Puglia vanno costantemente in onda gli abusi d'autorità, soprattutto per epropriare terra coltivata ai contadini e farne inutili impianti industrali eolici e fotovoltaici. La stazione elettrica TERNA in agro di Spinazzola (contrada Podice) servirebbe decine di impianti eolici in attesa del via libera all'assalto finale.


L'autorizzazione di tale abnorme stazione elettrica venne concessa nel settembre 2010 e, in seguito a denunce per abuso d'ufficio ed esposti da parte dell'ingegner Donato Cancellara, è stata annullata in autotutela nel febbraio 2012 (con determina dirigenziale n. 8 del 9 febbraio 2012 - BURP n. 28 del 23 febbraio 2012). Tra i motivi dell'annullamento si evidenzia, al punto 2.1 della determina, l'interferenza paesaggistica della stazione elettrica TERNA con il torrente Basentello in agro di Spinazzola più volte sottolineate dalla soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Bari.



Infatti, tra le tante irregolarità (mancanza di avvisi di esproprio, varianti mai esaminate, mancanza di valutazione impatto ambientale, assenza della stazione Terna in tutti i piani di sviluppo approvati dal Ministero dello sviluppo economico) è stato accertato il mancato rispetto dei ripetuti pareri di diniego espressi dalla Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici di Bari alla realizzazione della stazione Terna evidenziando l'interferenza con il vincolo paesaggistico rappresentato dalla presenza del torrente Basentello e sottolineando l'incompatibilità paesaggistica dell'opera elettrica.


CENSURA ITALIANA

di Gianni Lannes
 
Qualcosa di strettamente personale. Ecco due documentati e freschi esempi a portata di memoria. Nel febbraio dell'anno 2012, il giornalista Corrado Zunino, dipendente del quotidiano La Repubblica, mi ha richiesto un'intervista sui temi delle navi dei veleni e sul nucleare in Italia. Prontamente l'ho concessa allo stesso cronista a marzo di un anno fa. Ci siamo incontrati personalmente a Bari, ed ho risposto a tutte le sue domande per un paio di ore! A parole, Zunino, era contentissimo e sicuro della pubblicazione. Anzi, usufruendo di un operatore televisivo di Repubblica Tv ha fatto filmare il colloquio. Dopo qualche mese, il giornalista ligure si è fatto vivo comunicandomi che il servizio sarebbe uscito prontamente. A tutt'oggi, nonostante i miei cortesi solleciti, a cui Zunino non risponde, il giornale fondato da Scalfari del patron De Benedetti, tace inspiegabilmente. Forse è imbarazzato.



Identico copione con il TG 1 della Rai. Anche in questo caso si è fatto vivo un "collega" (si fa per dire) chiedendomi, anzi supplicandomi espressamente di concedergli un'intervista (evento anch'esso documentato nei dettagli!) Accetto senza riserve. Risultato? Sono trascorsi invano due anni. Ho chiesto lumi. La risposta è stata raggelante: il servizio era pronto per andare in onda ma è stato arrestato per ordini superiori.



Per fortuna sia la televisione finlandese che quella francese hanno realizzato alcuni servizi e li hanno trasmessi senza censure di sorta!



Nulla di personale, ma il giornalismo in Italia è piegato ai voleri del sistema di potere.

Ho una mezza idea di dedicare la seconda parte dell'anno in corso, alla stesura di un libro di inchiesta sul livello di infimo degrado della cosiddetta "informazione" in Italia e su come siano stati asserviti non dai soliti noti, i mass media del Belpaese (carta stampata e tv).

24.1.13

2013: ITALIA RADIOATTIVA (1)


di Gianni Lannes




E' sempre attuale il nucleare, specie in Italia che ha rifiutato l'energia atomica con due referendum popolari (1987 e 2001). Eppure, a parte gli affari tra Stato & Mafie (a cui vengono appaltati i lavori sporchi) regna e vige il segreto di Stato. 

Camen, Cresam, infine Cisam. Alzi la mano chissà chi lo sa! E’ una centrale nucleare che sulla carta non esiste, ma nella realtà ha prodotto scorie nucleari di prima, seconda e terza categoria, o se preferite anche e soprattutto ad alta attività. In particolare ha incentivato ricerche sul nucleare, perfino sul plutonio. Oggi bastano 5 chilogrammi di questa sostanza artificiale per assemblare una bomba atomica. 

Dal reattore “militare “Galileo Galilei”, sotto impulso tecnologico USA (fornitura dell’impianto nonché di uranio) ed in collaborazione con Fiat, Ansaldo e Marina Militare italiana, è decollata  la sperimentazione segreta (collaudata in Sardegna) del primo ed unico missile (Polaris “tricolore”) a testa atomica “made in Italy”. Nonostante il divieto del Trattato internazionale di proliferazione nucleare, sottoscritto precedentemente anche dall’Italia.



Ho avuto modo di visitare questa base militare off limits per i comuni mortali, e di pubblicare alcune inchieste in passato. Due precisazioni. Nell’Ordinanza numero 3267 del 7 marzo 2003, di nomina del generale Carlo Jean (già collaboratore Aspen come il presidente uscente della Repubblica, tale Giorgio Napolitano: organizzazione che accoglie in Italia politicanti e giornalisti di ogni orientamento, finanziata dal Club Bilderberg), il piduista Silvio Berlusconi (tessera P2 numero 1816), già in affari con le mafie (vedi Dell’Utri) elenca gli impianti atomici che esigono uno smantellamento, con il successivo stoccaggio delle scorie in un deposito unico. Che strano: in questo documento istituzionale non è menzionato il reattore Galilei, né si parla della centrale nucleare di San Piero a Grado in provincia di Pisa, e nemmeno viene elencata la Toscana tra le regioni in emergenza a causa della presenza di rifiuti radioattivi, estremamente pericolosi. Inoltre, come è stato accertato dalla Procura della Repubblica locale (andata a sbattere contro il solito/solido muro di gomma del sistema di potere NATO) qualche anno fa, dopo un’accurata denuncia di un esperto, grandi quantità di scorie atomiche sono state seppellite nella pineta in riva al Mar Tirreno. 


Il parco di Migliarino-San Rossore è un’area “protetta”, ma solo sulla carta. L’area già dieci anni fa era stata trasformata dal ministero della Difesa, in una discarica a cielo aperto, con il trasferimento addirittura di uranio impoverito proveniente da rottami di elicotteri bellici (contrappesi alari da La Spezia).


L’anno scorso ero tornato sulla vicenda proprio su questo diario pubblico, poiché i quotidiani per cui ancora lavoravo, IL CORRIERE DELLA SERA e L’UNITA’ non hanno avuto il coraggio di pubblicare alcunché, adducendo scuse pretestuose.  

Siccome, come risaputo, al peggio non vi è mai fine, adesso emergono gravi novità.  

In un’intervista rilasciata ai primi di gennaio l’ammiraglio Domenico Di Bernardo, a capo della struttura di ricerca militare, comunicava che 750 mila litri di liquidi pesantamente contaminati utilizzati per il funzionamento del reattore nucleare del CISAM (in dismissione) verranno depurati (si fa per dire) e scaricati nel canale dei Navicelli (che confluisce nel Tirreno). I livelli di radioattività di queste “acque”, assicura l’ammiraglio, saranno al di sotto dei limiti di legge. Mentre i fanghi residui, incapsulati nel cemento, saranno sepolti in pineta. I limiti di legge in Italia non sono dettati da criterio biologici, bensì da interessi politici. Il limite è Mac zero: l'inquinamento radioattivo in mare è irreversibile.


Ecco il totalitarismo che ha già cancellato nel Belpaese a sovranità inesistente, la libertà e mette a rischio la vita di milioni di persone. Vogliamo discutere di questioni importanti o soltanto di queste elezioni truccate con candidati e programmi inesistenti ed esito scontato

Vogliamo lasciare la possibilità al sistema di potere finanziario internazionale di stabilire la pessima qualità ambientale delle nostre vite, compreso il destino delle future generazioni italiane, o piuttosto combattere per ottenere libertà e democrazia?


L'inchiesta dell'anno 2012:


16.1.13

MINIERE DI SCORIE NUCLEARI


Questa sera alle ore 20,30 su RaiNews 24, sarà trasmesso il documentario "Miniere di Stato", di due giovani autori siciliani (Saul Caia e Rosario Sardella), dove è presente una mia intervista sull'occultamento delle scorie nucleari da parte dello Stato italiano. In altri termini: ecomafie di governi nazionali ed europei. Il sistema di potere industriale dell'Occidente, grazie alla corruzione politica italiota, ha trasformato l'Italia, all'insaputa del popolo italiano, in un'immensa e pericolosa discarica a cielo nascosto. Ecco come hanno minato la salute degli italiani.
  

il documentario:
 
http://www.youtube.com/watch?v=DcgZJIsWmPI 


 RIFIUTI NUCLEARI A PASQUASIA

 http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/03/sicilia-rifiuti-nucleari-pasquasia.html



ILARIA E MIRAN ASSASSINATI DALLO STATO ITALIANO

http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/03/ilaria-e-miran-assassinati-dallo-stato.html

15.1.13

GUERRA A MADRE TERRA

Prove alla mano, già negli anni '70, durante la guerra fredda, Usa & Urss erano in grado di provocare sismi artificiali. Ecco quanto riporta un articolo del quotidiano "complottista" Il Corriere della Sera del 20 gennaio 1993, a firma di Paolo Valentino.


l' URSS preparava terremoti artificiali

cosi' per 20 anni gli scienziati dell' impero del male hanno sognato di far crollare gli odiati capitalisti. i militari sovietici studiavano la " guerra geofisica "

 

Il programma doveva utilizzare esplosioni nucleari per provocare sismi devastanti: ora sara' riciclato a fini di protezione civile TITOLO: L' URSS preparava terremoti artificiali Cosi' per vent' anni gli scienziati dell' Impero del Male hanno sognato di far crollare gli odiati capitalisti - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - DAL NOSTRO CORRISPONDENTE MOSCA . E' possibile provocare un terremoto, un' alta marea, un' inondazione? O, visto da un' altra prospettiva, e' possibile evitarli, diluirne la potenza, addirittura prevenirli? Non sono solo quesiti da ciarlatani. La scienza sovietica ci ha provato per vent' anni. E con risultati per nulla trascurabili. Ma, per una volta, quello che all' origine era stato concepito come uno strumento di morte, l' ennesimo parto di menti ottenebrate dal confronto militare con l' Occidente, oggi potrebbe rivelarsi una sentinella della pace. Un' altra arma segreta. Gli "Stranamore" delle onde sismiche dovevano fare il paio con quelli del cervello. Gli uni decisi a modificare via etere il comportamento umano, gli altri pronti a uccidere "il nemico" con ogni mezzo, fossero pure le catastrofi naturali. Eccone la storia. L' edizione 1976 dell' Enciclopedia Militare Sovietica, alla voce "Guerra geofisica", spiegava: "Creazione di terremoti artificiali, provocazione di alte maree, inondazioni e tempeste magnetiche". Le convenzioni internazionali proibivano ogni esperimento del genere. I militari sovietici lo sapevano e per anni hanno sempre negato tutto. Si e' dovuto aspettare il giugno del 1991, al lumicino della perestrojka, perche' Alexei Nikolaev, accademico, capo del Dipartimento di geofisica sperimentale all' Istituto moscovita di fisica della Terra, ammettesse di aver studiato per venti anni la dipendenza dei terremoti dalle esplosioni nucleari. "C' e' una influenza evidente . disse in quell' occasione ., come regola, cinque o sei giorni dopo un' esplosione atomica, i foyer sismici producono scosse a ripetizione". Un sistema che aveva prodotto la collettivizzazione delle campagne negli anni Trenta non andava certo per il sottile quando la sicurezza nazionale era in ballo. E ogni arma che si rispetti non e' tale fino a quando non viene sperimentata. Per due volte, nel 1976 e nel 1984, la citta' di Gasli, in Azerbaigian, fu colpita da scosse pari a nove gradi della scala Richter. Ikram Kierimov, scienziato e accademico azero, non ha dubbi, "furono artificiali": i terremoti avvennero entrambi dopo esplosioni atomiche nel poligono di Semipalatinsk. Fino ad allora, su ogni carta sismica l' area veniva definita come potenzialmente soggetta a scosse massime di 4 gradi. Di piu' , spiega Kierimov, secondo le teorie piu' accettate, dopo il primo terremoto non avrebbe dovuto verificarsi nulla per almeno qualche secolo! Indizio supplementare: al ministero della Difesa dell' URSS, fin dal 1958, esisteva un servizio sismologico segreto, ufficialmente camuffato sotto altre spoglie. Col tempo, dicono le nostre fonti, il servizio aveva acquisito un' importanza pari addirittura a quella del leggendario Gru, il servizio segreto militare: al dipartimento facevano capo decine di aziende specializzate in tecniche di ascolto della crosta terrestre. Nikolai Astapov, colonnello della riserva, sostiene che i militari sovietici prendevano seriamente in considerazione l' ipotesi di utilizzare le "scosse indotte" come un' arma vera e propria. Il problema vero era di imparare a prevedere, con qualche approssimazione, il luogo e la data del terremoto indotto. E fu probabilmente questa esigenza a portare, verso la meta' degli anni Settanta, al progetto di un sistema di ascolto globale dei movimenti tettonici. Lo chiamarono "Sistema Continente", una sorta di gigantesco "stetoscopio della Terra" in grado di "sentire" la piu' piccola esplosione nucleare sotterranea nell' intero pianeta e di valutarne gli effetti probabili sul piano sismico. Da Kishinev a Kransoyarsk, da Sebastopoli a Irkutsk, dal Caucaso alle Isole Kurili, il "network" prevedeva la costruzione di 400 stazioni sismologiche. Nel frattempo, il ministero della Difesa e l' Istituto di fisica terrestre sarebbero andati avanti con le ricerche su come provocare le onde sussultorie. La prima risoluzione ufficiale del Consiglio dei ministri dell' URSS sul "Sistema Continente" e' del 19 novembre 1980: i ministeri della Difesa, dell' Energia nucleare, della Produzione missilistica e l' Accademia delle Scienze erano chiamati a realizzarlo. Anno previsto di completamento dei lavori: il 1992. Strano a dirsi, ma l' opera e' stata portata a termine. Nonostante, con la perestrojka e la crisi economica della seconda meta' degli anni Ottanta, il flusso dei finanziamenti si fosse ridotto a un rivoletto. Quest' anno una commissione statale russa dovra' verificarne l' efficienza. Gli ultimi governi sovietici e lo stesso governo Gaidar si sono sforzati di cercarne un' applicazione civile. Gorbaciov, nel suo discorso al Consiglio d' Europa del luglio 1989, aveva parlato di un sistema comune per "prevenire le catastrofi naturali". E anche l' Onu potrebbe essere interessata, per tenere sotto controllo ogni Paese che nasconda ambizioni nucleari. Nato per fare il male, il "Sistema Continente" potrebbe finire per evitarlo.

Pagina 9
(20 gennaio 1993) - Corriere della Sera

http://archiviostorico.corriere.it/1993/gennaio/20/URSS_preparava_terremoti_artificiali_co_0_9301201926.shtml

NAVI DEI VELENI: ILARIA ALPI, NATALE DE GRAZIA...

di Gianni Lannes




I fatti (repetita iuvant). Premessa: la mia inchiesta sul campo (mare, archivi di ogni genere, testimonianze dirette), durata 4 anni, ha consentito di scovare 203 navi dei veleni nel Mediterraneo ed un migliaio di containers, ed altro ancora. Nonostante impedimenti istituzionali, attentati e minacce di morte. Come avevamo sempre intuito e scritto in tempi non sospetti, il capitano Natale De Grazia non è morto d'infarto, ma è stato avvelenato la notte tra il 12 ed il 13 dicembre 1995. Ora ad avvalorare la tesi arrivano i risultati di una perizia sulla documentazione medica esistente disposta dalla Commissione bicamerale sul ciclo dei rifiuti che ha rilevato come nel corpo del Capitano vi siano delle tracce tossiche. Natale De Grazia stava indagando - per conto della magistratura - su 180 inabissamenti dolosi.

Il comandante De Grazia aveva tracciato una mappa delle navi imbottite di rifiuti tossici affondate nel Tirreno, nello Jonio e nell'Adriatico. Con elaboraziopni sulle mappe nautiche era persino riuscito a tracciare le coordinate dove presumibilmente era affondata la Rigel, al largo di Capo Spartivento. E l'aveva comunicato telefonicamente al giudice Nicola Maria Pace (deceduto recentemente).

Oggi il Capitano Natale De Grazia avrebbe 56 anni e ancora non è stata portata a termine dalla magistratura italiana la sua scottante indagine.

Il perito, professor Giovanni Arcudi, ha indicato gli elementi da cui deduce l’avvelenamento del capitano Natale De Grazia.  L’ufficiale era partito verso sera, il 12 dicembre 1995, da Reggio Calabria per La Spezia, assieme a due carabinieri. A tarda sera si erano fermati per mangiare, fuori dall’autostrada, in un ristorante della zona di Salerno. Una rapida cena, per ripartire subito verso la Liguria.

Meno di mezz’ora dopo gli eventi precipitano. Li descrive Arcudi, il consulente della Commissione parlamentare sui rifiuti: «Il capitano De Grazia», scrive il perito, «subito dopo aver mangiato e messosi in macchina ha cominciato a dormire e quindi a russare in modo strano; a un certo punto reclina la testa sulla spalla e per questo viene scosso dall’occupante il sedile posteriore dell’autovettura; a questa sollecitazione reagisce sollevando il capo ma non svegliandosi e senza dire alcunché se non emettendo un suono indefinito; quindi poco dopo reclina definitivamente la testa e non risponde più alle sollecitazioni».

Viene aperta un’inchiesta dal pm Giancarlo Russo della Procura di Nocera Inferiore, che ordina l’autopsia, affidata alla dottoressa Simona Del Vecchio, medico legale di Roma. Il referto? «Morte improvvisa dell’adulto». La Procura archivia il fascicolo nel 1996: nessun mistero, morte naturale. 

La famiglia del capitano De Grazia non è affatto convinta dei risultati dell’autopsia e dell’inchiesta. Nel 1997 la vedova, Annamaria Vespia, presenta un esposto, chiedendo una seconda perizia sul corpo del marito. Il pubblico ministero Russo, decide per la riesumazione del cadavere e incarica dei nuovi accertamenti – fatto piuttosto singolare – la stessa dottoressa Del Vecchio. La quale conferma i risultati della prima autopsia: morte naturale per arresto cardio-circolatorio. Nel luglio 1998 l’inchiesta viene archiviata per la seconda volta.

Nel frattempo, alla capitaneria de La Spezia le stanze dell’archivio dove si trovavano i documenti cercati da De Grazia hanno subito un improvviso allagamento. Tutto è andato perduto. Medesimo copione alla direzione marittima di Ravenna, dove De Grazia aveva chiesto una marea di carte. Sembrano eventi con un'unica regia.

Adesso la nuova perizia attesta inequivocabilmente: «L’indagine medico legale condotta dalla dottoressa Del Vecchio», scrive Arcudi, «si è conclusa con una diagnosi di morte improvvisa dell’adulto, facendo intendere che vi fossero in quel quadro anatomo e istopatologico elementi concreti che potevano ben sostenere detta diagnosi. Questo non corrisponde alla verità scientifica. Ho evidenziato», sottolinea il professor Arcudi, «come la lettura dei preparati istologici effettuata in questa sede smentisca quella della dott.ssa Del Vecchio».

«Questo significa», continua, «che, allo stato, non c’è nell’intera indagine alcun dato certo che possa supportare la morte improvvisa dell’adulto; diagnosi causale di morte, questa, che deve essere ritenuta non provata e nemmeno connotata da apprezzabili probabilità. Se noi qui dobbiamo fare una conclusione al termine di questa indagine dobbiamo dire che il capitano De Grazia non è morto di morte improvvisa mancando qualsivoglia elemento che possa in qualche modo rappresentare fattore di rischio per il verificarsi di tale evento. Si trattava infatti di soggetto in giovane età, in buona salute, senza precedenti anamnestici deponenti per patologie pregresse, che conduceva una vita attiva e, come militare in servizio, era sottoposto alle periodiche visite di controllo dalle quali non sembra siano emersi trascorsi patologici».

«L’esame necroscopico», specifica il perito, «al contrario di quanto è stato prospettato attraverso una analisi non attenta e piuttosto superficiale dei reperti anatomo ed istopatologici, non ha evidenziato nessuna situazione organo funzionale che potesse costituire potenziale elemento di rischio di morte improvvisa. E nemmeno quanto riferito dalle persone che erano presenti alla morte e che ne seguirono le fasi immediatamente precedenti, si accorda con una ipotesi di morte cardiaca improvvisa».

Ed ecco le conclusioni cui arriva il professor Arcudi: «Morte cardiaca secondaria a insufficienza respiratoria da depressione del sistema nervoso centrale, come suggestivamente depone il quadro di edema polmonare così massivo, incompatibile quasi con un arresto cardiaco improvviso del tutto asintomatico; come suggestivamente depongono le manifestazioni sintomatologiche riferite da chi ha potuto osservare il sonno precoce, il russare rumoroso, quasi un brontolo, la risposta allo stimolo come in dormiveglia, il vomito».

Tutti questi sintomi si possono accordare unicamente alla «sola causa tossica». Che tuttavia non è, e non sarà mai più individuabile: «Purtroppo è stata irreversibilmente dispersa la possibilità di indagare seriamente sul versante tossicologico, da una parte per superficialità e forse inesperienza di chi aveva posto i quesiti con scarsa puntualità e poco finalizzati; dall’altra per l’insipienza della indagine medico legale che ha ritenuto trovarsi di fronte ad una banale morte naturale ed inopinatamente si è subito indirizzata, trascurando l’indagine globale, alla esclusiva ricerca di droghe di abuso in un caso nel quale, se c’era una ipotesi se non da scartare subito almeno da considerare per ultima, era proprio quella di una morte per abuso di sostanze stupefacenti; e pervicacemente ha insistito sulla stessa linea anche nella seconda indagine necroscopica».

L'esperto Arcudi, inoltre, fa riferimento a superficialità e insipienza. Ma è evidente che la condotta della Procura e della anatomo-patologa lasciano aperte altre domande inquietanti.

Anche perché le stranezze che circondano le inchieste dei magistrati Francesco Neri (Reggio Calabria) e Nicola Maria Pace (Matera) sul nucleare di Stato (Cnen-Enea), sono numerose: oltre all’omicidio del capitano De Grazia, c’è la scomparsa di alcuni faldoni sottratti dagli archivi della Procura di Reggio Calabria.

Ed inoltre, il tentativo di delegittimazione nei confronti del giudice Neri da parte dell’allora presidente della Commissione Alpi-Hrovatin, l'avvocato Carlo Taormina (già sottosegretario di Forza Italia), che cercò di far aprire contro di lui un’inchiesta da parte della Procura di Roma (archiviata).

Infine: non esiste più anche la cartella sanitaria del capitano De Grazia. Il 18 giugno 2012 il comando del dipartimento marittimo militare di Taranto ha comunicato alla Commissione parlamentare che «la cartella Sanitaria dell’Ufficiale superiore nominato in argomento è stata distrutta in data 15 febbraio 2011». Naturalmente «in ottemperanza alle norme in vigore che prevedono la distruzione delle pratiche personali riservate e ordinarie di Ammiragli/Ufficiali deceduti da oltre 10 anni». 

Natale De Grazia è stato fermato appena in tempo, prima che arrivasse troppo lontano. Vale a dire, troppo in alto.

Ecomafie di Stato - Dagli atti della Commissione parlamentare di inchiesta sull'omicidio di Ilaria Alpi e di Miran Hrovatin, il dottor Marcello Fulvi, dirigente della Digos di Roma, in un'informativa del 3 febbraio 1995 cita il sopraddetto Marocchino (consulente della Commissione parlamentare presieduta da Taormina) e scrive: «si comunica che [...] personale di questo ufficio ha avuto un incontro con una fonte di provata attendibilità, la quale ha confidato che mandante sarebbe il noto Marocchino Giancarlo, il quale avrebbe ordinato l'uccisione della giornalista». Lo stesso imprenditore racconta alla Commissione parlamentare d'inchiesta di essere accorso per primo a Mogadiscio sul luogo dell'omicidio.

Giancarlo Marocchino non risulta, ad oggi, essere mai stato indagato né per l'omicidio della troupe italiana né per l'attività illecita di traffico di rifiuti tossici.

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin furono uccisi, il 20 marzo 1994, mentre si trovavano a Mogadiscio come inviati del TG3 per seguire la guerra civile somala e per indagare su un traffico d'armi e di rifiuti tossici illegali in cui probabilmente la stessa Alpi aveva scoperto che erano coinvolti anche l'esercito ed altre istituzioni italiane.

Il sopraccitato documento elenca inoltre numerosi casi di esportazione illegale di rifiuti. Da questo dossier emergerebbe poi come il traffico illegale di rifiuti pericolosi si sia evoluto e ramificato: da attività individuali, si è organizzato in una «rete», in cui i nomi di persone e imprese sono stati segnalati più volte da investigatori e magistrati ricorrendo con cupa frequenza;

Emerge altresì un ulteriore elemento di novità in merito alla ricerca in mare, nel 2009, del relitto della «Cunski», al largo di Cetraro (dove ci sono almeno 6 relitti di navi, di cui una coperta dal segreto di Stato), che si aggiunge agli altri già evidenziati a febbraio 2010. Nell'ottobre dell'annno 2009 l'allora ministro per l'Ambiente Prestigiacomo ed il procuratore nazionale antimafia Grasso, già beneficiato dal governo Berlusconi (appena candidato al parlamento nel PD) insabbiarono maldestramente la vicenda, ma furono  da me smascherati il 9 febbraio 2010. Nell'archivio Rai del Tg 3 di Roma, è presente il video della conferenza stampa nella sede della Cgil di Cosenza. In quell'occasione, prove alla mano, ho dimostrato inequivocabilmente che nave Catania non è affondata come sostenevano Prestigiacomo e Grasso senza produrre uno straccio di prova, al largo di Cetraro nel 1917, bensì, come attestano i documenti tratti dall'Archivio storico della Marina Militare italiana, nel 1943 al largo del Golfo di Napoli. Ergo: la stessa nave Catania non può essere scambiata per la Cunski (piena di scorie radioattive).

Per le indagini della Procura della Repubblica di Paola (in provincia di Cosenza), nell'ottobre del 2009 il Governo italiano ha utilizzato una nave per le ricerche sottomarine denominata  «Mare Oceano», di proprietà della famiglia Attanasio.

Diego Attanasio è un armatore napoletano con una flotta di sette navi oceanografiche e teste centrale dell'affaire «Mills-Berlusconi».

A suo tempo, il Ministero britannico della difesa ha offerto mezzi e personale qualificato a un prezzo inferiore rispetto a quello proposto dai proprietari di Mare Oceano; non sono tuttavia note le ragioni per cui l'offerta britannica sarebbe stata rifiutata così come i termini del contratto tra la nave «Mare Oceano» e il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

L'Agenzia europea dell'ambiente in un rapporto del 2009, ha chiarito come il traffico illegale di rifiuti tossici sia un problema rilevante e non sanato e che il divieto dell'export di rifiuti tossici tra Paesi OCSE e non-OCSE sancito dalla convenzione di Basilea, sia ben lontano dall'essere pienamente applicato.

Da operazioni investigative effettuate dalla magistratura e da indagini delle forze dell'ordine emerge l'esistenza di decine di «relitti sospetti». Il loro numero varia da cinquantacinque (deposizione dall'ammiraglio Bruno Branciforte al Copasir: come riferita dal quotidiano Calabria Ora, 26 settembre 2009), a quarantaquattro (comunicazione trasmessa dalla direzione marittima di Reggio Calabria alla Commissione antimafia il 27 ottobre 2009) a trentanove (per il periodo 1979-1995: relazione conclusiva del 25 ottobre 2000 della Commissione bicamerale sui rifiuti).

Infine: il TG 1 della Rai, mi aveva chiesto un'intervista che prontamente ho rilasciato ma che non è mai andata in onda. Almeno in Italia, perché in Finlandia la televisione ha realizzato addirittura un documentario sulla gigantesca discarica nucleare italiana. Ho chiesto conto al collega della radiotelevisione italiana. La risposta è stata imbarazzante: il servizio erà già pronto quando è giunto un ordine dalla direzione di viale Mazzini di sospendere la messa in onda.