20.3.12

ADDIO MARCEGAGLIA

Ravenna, piattaforma raccolta rifiuti pericolosi.
di Gianni Lannes

Semplici incassatori di denaro pubblico o criminali in guanti di velluto ben surrogati dal sistema di potere? Il clan Marcegaglia controlla un impero economico con interessi in Italia e all’estero. I familiari di spicco sono il geometra Steno (genitore) ed i figli Antonio ed Emma. L’ultimo fatturato ufficiale ammonta a 6 miliardi di euro. Hanno stabilimenti anche in Cina, Russia, Polonia, Brasile.

Pedigree - Il 13 dicembre 2006 il tribunale di Brescia ha condannato Steno Marcegaglia, imputato nel processo Italcase-Bagaglino, a 4 anni e un mese per il reato di bancarotta preferenziale e all’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. Grazie all’indulto, la pena detentiva è ridotta di tre anni. È stato poi assolto in secondo grado dalla Corte d’Appello di Brescia l’11 maggio 2009.

Marcegaglia, documentazione incenritore.


Nel 2008 Antonio Marcegaglia ha patteggiato 11 mesi di reclusione con sospensione della pena per il reato di corruzione di funzionari Eni Power, pagando 6 milioni di euro per farla franca. La “Marcegaglia spa” ed altre società hanno distribuito tangenti per milioni di Euro a dirigenti di Enipower (società del gruppo ENI), avendone in cambio appalti per la fornitura di servizi e macchinari per le centrali termoelettriche di Mantova, Brindisi, Ravenna e Ferrera Erbognone (Padova).  Dalle sue dichiarazioni rese ai magistrati è nato un filone d’indagine forse ancora più imbarazzante per la famiglia mantovana. Grazie alla collaborazione delle autorità di Berna la Procura di Milano ha ricostruito una rete di conti svizzeri alimentati per un decennio da fondi neri dei Marcegaglia. Un vero tesoretto, che secondo la ricostruzione dei magistrati sarebbe stato utilizzato dalla famiglia della presidente di Confindustria per una lunga serie di operazioni riservate. L’inchiesta è approdata alla procura di Mantova per competenza territoriale. E anche l’Agenzia delle Entrate ha aperto un’indagine. Il capitolo non è ancora chiuso, quindi, anche se i Marcegaglia hanno più volte reagito alle indiscrezioni puntualizzando che si tratta di “episodi già da tempo definiti”. All’isola La Maddalena proprio una società del gruppo mantovano si è infatti aggiudicata la gestione del nuovo Arsenale, una delle strutture finita al centro dello scandalo di Bertolaso & compagni. Socio dei Marcegaglia in questa operazione è il manager-finanziere Massimo Caputi, uomo dal lungo curriculum e dalle mille relazioni nei Palazzi romani. La famiglia della presidente di Confindustria non è stata mai coinvolta nelle indagini su questa specifica vicenda. Resta aperta però la questione probabilmente più imbarazzante. 
Antonio Marcegaglia, inoltre, è indagato per associazione a delinquere finalizzata alla turbativa d’asta . Fino al maggio del 2007, secondo l’accusa, era operativo un accordo per pilotare opportunamente gli appalti per le barriere stradali: 16 gare per circa 180 milioni di Euro. L’indagine è stata condotta dal pubblico ministero Giuseppe De Benedetto. Precauzionalmente la magistratura ha sequestrato ai Marcegaglia 2,1 milioni di Euro.

Conti oscuri - Diciassette conti congelati, da «porre in collegamento con le dichiarazioni rese da Marcegaglia Antonio»: parola di un magistrato della Confederazione elvetica. E’ il contenuto di una missiva inviata all’ufficio del procuratore aggiunto di Milano, Francesco Greco, a rialzare il sipario sui conti esteri della famiglia Marcegaglia. Una parte dei quali - quattro per la precisione - erano già stati scandagliati durante l’inchiesta Enipower, una storia di tangenti pagate per accaparrarsi commesse milionarie e che ha visto tra i numerosi protagonisti anche il rampollo della famiglia industriale mantovana.  Secondo un’inchiesta della procura di Milano, il gruppo controllato dalla famiglia della presidente di Confindustria tra il 1994 e il 2004 ha accumulato fondi neri all’estero ricavati grazie al trading internazionale di acciaio. Il denaro veniva depositato in quattro depositi bancari aperti all’Ubs di Lugano. I beneficiari dei conti, su cui sono transitati nel tempo svariati milioni di euro, erano Steno Marcegaglia e i figli Emma e Antonio

Fisco eluso - La Marcegaglia spa ha trovato il modo di risparmiare sulle tasse. Una holding in Irlanda, un’altra in Lussemburgo e il gioco è fatto. Per gli esperti è un’ ottimizzazione fiscale. Significa che gli imprenditori sfruttano i benefici assicurati dalle legislazioni di Stati compiacenti allo scopo di diminuire il peso delle imposte nel bilancio aziendale. Nel 2009, per dire, il gruppo Marcegaglia ha cavalcato gli ottimi risultati della sua controllata lussemburghese, la Sipac sa. Grazie a una non meglio precisata operazione finanziaria, la società con base nel Granducato ha realizzato un utile di 24,3 milioni. Tutti profitti esentasse, perché la legge lussemburghese prevede un’imposizione praticamente nulla sugli utili societari. Il bilancio della Sipac è striminzito: cinque paginette in tutto. In pratica nel 2009 l’intero gruppo Marcegaglia ha fatto segnare 14,5 milioni di utili su 2,5 miliardi di ricavi. Morale: se non ci fosse stata la provvidenziale plusvalenza esentasse della Sipac, l’azienda della presidente di Confindustria tre anni fa avrebbe chiuso il bilancio in perdita. Super Emma ha dichiarato a più riprese nel 2009 che «lo scudo fiscale è un male necessario». Successivamente, nell’ambito dell’indagine giudiziaria per falso in bilancio relativa alla sua azienda, la parte dell’inchiesta riguardante l’evasione fiscale viene archiviata perché i capitali oggetto dell’inchiesta sono stati scudati. Ad ottobre 2011 ha dichiarato che lo scudo fiscale «non è la scelta giusta in quanto premia i furbi». A Dublino troviamo la Marcegaglia Ireland, è una holding di partecipazioni. Proprio a questa società fa capo il cuore produttivo del gruppo, la Marcegaglia spa. Traslocare in Irlanda conviene. Da quelle parti l’aliquota massima sugli utili societari ammonta al 12,5 per cento. Un bel risparmio, visto che in Italia, quando va bene, si parte dal 30 per cento al 50. Insomma, tra Irlanda e Lussemburgo, Emma Marcegaglia e famiglia si sono messi nelle condizioni di pagare il meno possibile a “questo Stato inefficiente e sprecone”, per dirla con le parole di super Emma.  
Razza padrona - Il Gruppo Marcegaglia è stato condannato dal giudice del lavoro per comportamento antisindacale. «E’ stato “svilito il ruolo del sindacato sul piano dell’effettività dell’azione, della credibilità e dell’immagine rispetto ai lavoratori». Così scrive il giudice del lavoro del Tribunale di Ravenna, Roberto Riverso, nella sentenza con cui ha condannato per comportamento antisindacale il gruppo Marcegaglia Spa, la ditta di famiglia del presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia. Secondo il giudice, l’azienda ha impegnato nella sua attività di produzione a Ravenna 40 dipendenti formalmente assunti da una società diversa, la Nuova Inde srl di Udine, proprio durante le trattative sindacali per il salario d’ingresso. Il giudice Riverso ha quindi ordinato al gruppo di assumerli a tempo indeterminato - a partire dalla data del loro ingresso nello stabilimento di Ravenna - e con il trattamento riservato ai dipendenti del gruppo. Anziché il salario d’ingresso previsto poi dall’accordo sindacale. Marcegaglia Spa è stata poi condannata a pagare le spese processuali alla Fiom-Cgil di Ravenna, che aveva presentato ricorso. Soddisfatto il sindacato: “Il salario d’ingresso - spiega il segretario provinciale Milco Cassani - avrebbe portato i 40 dipendenti a raggiungere il 100 per cento del salario aziendale in sei anni e mezzo, con un danno a testa di circa 25mila euro”.
La vicenda risale alla fine del 2010, ricorda la Fiom in una nota, quando il gruppo della presidente di Confindustria aveva annunciato l’assunzione di 200 apprendisti, di cui 100 a Ravenna. Dopo la promessa di nuovi posti di lavoro, nello stabilimento emiliano si era aperta la consultazione interna per trovare un accordo sul cosiddetto ‘salario di ingresso’. Mentre era ancora in corso la trattativa con il sindacato, spiega la Fiom, l’azienda aveva assunto 40 lavoratori attraverso la società Nuova Inde. Ma con un salario più basso rispetto a quello previsto dal contratto nazionale attivo al momento. Questa società, costituita a ottobre 2010 nell’ambito del gruppo Danieli - partner tecnologico e strategico della Marcegaglia Spa - con capitale sociale di 10mila euro, è stata poi acquistata da Marcegaglia per 100mila euro. “I 40 lavoratori - continua la Fiom, citando la sentenza - assunti formalmente in provincia di Udine, erano stati trasferiti e distaccati nella sede Marcegaglia Spa di Ravenna che aveva bisogno di manodopera per produrre”. Solo ad aprile 2011 quelli che di fatto erano dipendenti del gruppo sono stati assunti dalla Marcegaglia. «Una mossa “costruita ad arte – secondo il giudice che ha condannato l’azienda – per far sì che Marcegaglia Spa potesse avere a disposizione lavoratori a buon mercato, da utilizzare normalmente nella produzione, nelle more della definizione dell’accordo aziendale sul salario di ingresso”. Riverso, quindi, ha ordinato al gruppo di formalizzare l’assunzione di questi dipendenti “fin dalla data di ingresso nello stabilimento di Ravenna ed applicando loro il normale trattamento vigente in quanto dipendenti Marcegaglia Spa a tempo indeterminato».

Ecomafie - Così come del resto è in pieno svolgimento anche un’altra inchiesta penale che coinvolge Steno Marcegaglia, padre di Emma, questa volta a Grosseto. È una vicenda di smaltimento illecito di rifiuti pericolosi che ruota attorno alla Agrideco, un’azienda maremmana. L’8 febbraio 2010  l’operazione, nome in codice “Golden Rubbish” ha portato in carcere una quindicina di persone. ma in tutto gli indagati sono 61 e tra questi anche il fondatore del gruppo Marcegaglia, perché secondo l’accusa anche uno dei suoi impianti, quello di Ravenna, avrebbe smaltito scorie di lavorazione in modo illegale. Numerosi anche i reati contestati tra i quali si trovano quelli di associazione per delinquere, omicidio colposo, lesioni personali colpose, incendio, attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, gestione non autorizzata di rifiuti, falsità in registri e notificazioni e falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico.
Si parla addirittura di omicidio colposo ed associazione per delinquere e, come precisa il comunicato diffuso dai carabinieri: «Il traffico di rifiuti accertato negli ultimi anni è stato stimato in circa un milione di tonnellate, con un lucro di svariati milioni di euro ed un consistente danno all'Erario, per l'evasione dell'ecotassa, oltre, naturalmente, ai gravi danni provocati all'ambiente».
Il Nucleo operativo ecologico dell’Arma precisa che l'inchiesta riguarda «un'organizzazione dedita al traffico illecito di rifiuti speciali, anche pericolosi, costituita in Toscana ed avente diramazioni in Friuli Venezia Giulia, Lombardia, Trentino-Alto Adige, Emilia Romagna, Marche, Campania, Lazio, Abruzzo e Sardegna» e che dunque, coinvolge in pratica l’intera penisola. L’indagine è dunque partita dalla procura di Napoli a causa del traffico di rifiuti tossici ottenuti dalla bonifica del sito contaminato di Bagnoli e, successivamente, ha portato gli inquirenti fino in Toscana. Dal lavoro di investigazione dei carabinieri è emerso infatti che, l’intera organizzazione, «era imperniata sul ruolo di una società di intermediazione maremmana, proprietaria anche di un impianto di trattamento, la quale, avvalendosi di produttori, trasportatori, laboratori di analisi, impianti di trattamento, siti di ripristino ambientale e discariche, regolava e gestiva i flussi dei rifiuti... attraverso una sistematica falsificazione di certificati di analisi, formulari di identificazione e registri di carico e scarico al fine dell'attribuzione di codici di rifiuto non corretti, così da poter essere dirottati soprattutto in siti di destinazione finale compiacenti».
Parallelamente il Noe ha riscontrato il coinvolgimento negli affari illeciti del gruppo Marcegaglia Spa, ovvero di «una nota industria metallurgica di Ravenna, la quale aveva la necessità di smaltire un cumulo di quasi 100.000 metri cubi di rifiuti... contaminato da mercurio, idrocarburi e da altri inquinanti... La società di intermediazione - conclude la nota -  si aggiudicava l'appalto per la gestione dei rifiuti ed effettuava il loro smaltimento in modo illecito». E’ coinvolta un'azienda di consulenza che fa parte del gruppo mantovano dell’acciaio ed per questo motivo che gli inquirenti avrebbero indagato il presidente del gruppo Steno Marcegaglia. La società coinvolta nel blitz dei carabinieri del Noe è la Made Hse. Società che offre alle imprese e agli enti pubblici, servizi di progettazione, consulenza tecnica e giuridica integrati nei settori ambiente salute e qualità, sicurezza processi produttivi, sicurezza impianti, formazione laboratori di analisi. Made Hse ha il suo laboratorio analisi a Gazoldo degli Ippoliti (Mantova) nel quartier generale Marcegaglia. Agli arresti domiciliari è finito Mauro Bragagni, 61 anni, originario di Piombino, all’epoca dei fatti direttore dell'industria metallurgica situata nella zona portuale di Ravenna e appartenente al gruppo Marcegaglia. Il laboratorio di analisi che appartiene alla famiglia Marcegaglia è stato sequestrato.  Secondo quanto hanno appurato finora gli investigatori, nel laboratorio sono stati redatti falsi certificati di analisi sui rifiuti da smaltire: i rifiuti provengono da un’industria siderurgica dello stesso gruppo Marcegaglia di Ravenna. Con i falsi certificati i rifiuti potevano essere destinati a siti non idonei: questa procedura ha portato ad un notevole risparmio sui costi di smaltimento.

Inceneritori fuorilegge - In Puglia i Marcegaglia sotto diverse insegne (Eta, Cisa, Appia Energy, Euroenergy Group) e in società (Cogeam) con Carlo Dante Columella (Tradeco) di Altamura (già finanziatore delle campagne elettorali del senatore Alberto Tedesco), gestiscono quasi l’intero ciclo della spazzatura urbana, discariche comprese su falde acquifere (come nel Salento). A Massafra (Taranto) bruciano ecoballe (il cdr, combustibile derivato dai rifiuti):  l’impianto targato Appia Energy (presidente Albanese, amministratore delegato Roberto Garavaglia), sarà potenziato in una base ad una nuova autorizzazione della regione Puglia, comunque a danno della salute dei residenti e delle colture agrumarie del luogo. A Modugno la Eco Energia (sempre guidata dal tandem Albanese-Garavaglia, nel cda Antonio Marcegaglia, presente anche nell’Appia energy) ha edificato - a poche centinaia di centri dalla centrale Sorgenia di De benedetti - una fabbrica di diossine che 4 anni fa è stata sequestrata  per “la mancanza di alcune autorizzazioni e violazioni di legge”. Il 22 settembre 2008  Francesco Bretone, pubblico ministero della Procura di Bari, ha sequestrato l’area di costruzione dell’inceneritore della Eco Energia Srl (gruppo Marcegaglia) a Modugno (BA) ed ha messo 4 persone sotto inchiesta; di queste una è un dirigente del settore ecologia della Regione Puglia. A Manfredonia (Foggia) è stato costruito illecitamente lo stabilimento dell’Eta  (presieduta da Garavaglia). In questo caso Antonio Marcegaglia con una nota indirizzata all’allora sindaco Francesco Paolo Campo (Pd), protocollata in comune il 7 maggio 2002, avanza “richiesta per l’accordo di programma per la realizzazione di un impianto per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili”. In quella occasione il Marcegaglia scrive che «1) In data 19 marzo 1999, la E,T.A,. S.r.l., ha sottoscritto il secondo protocollo aggiuntivo del contratto d’area di Manfredonia; 2) Che la citata società è nella disponibilità delle aree site nel Comune di Manfredonia». In realtà si tratta di un clamoroso falso che denota un’associazione per delinquere, in quanto i terreni situati in area agricola, risultano acquistati dalla società Edilmag (Rotice Antonio) con atto di compravendita numero 32094 in data 8 ottobre 2004. I Marcegaglia hanno intascato dallo Stato per questo inceneritore ben 40 miliardi e 300 milioni del vecchio conio. I Marcegaglia hanno promosso e indirizzato sotto dettatura alla “classe dirigente” pugliese , l’accordo di programma tra comune e regione. Il decreto numero 111 firmato dal presidente della regione Raffaele Fitto reca la data del 25 febbraio 2004, quando gli stessi Marcegaglia non erano ancora proprietari dei suoli. Nel 2003 trenta imprenditori agricoli locali presentano un esposto al sindaco di Manfredonia, ma senza ottenere alcun risultato. Vendola si insedia nel 2005: il governatore Nichi in autotutela amministrativa avrebbe potuto imporre uno stop a super Emma, ma dà il via libera alla facoltosa amica.
Il presidente uscente di Confindustria non fa mistero delle sue preferenze in fatto di governatori: in cima alla classifica piazza il guru di Terlizzi. «Vendola è il miglior governatore del Mezzogiorno, la Puglia è una regione ben gestita, ma Vendola purtroppo non è tutti i governatori del Sud». Lo ha detto - il 14 giugno 2010 - Emma Marcegaglia all’ assemblea di Confindustria Vicenza. In più Vendola ha espropriato terreni ai contadini adiacenti l’inceneritore in località Paglia dell’agro manfredoniano; infine ha finanziato la costruzione della fabbrica di ecoballe, elargita alla Cogeam (Marcegaglia-Columella).  E’ chiaro l’inciucio affaristico? Il Consiglio di Stato e la mobilitazione  possono archiviare per sempre questi criminali senza scrupoli.

Singolare coincidenza: super Emma è presidente della fondazione Aretè, onlus del San Raffaele del Monte Tabor. Tutto torna, anche l’affarista don Verzé che  ha insignito Berlusconi e Vendola del premio cedro d’oro. Insomma, il tacco d’Italia è in “buone mani” perché la differenziata è un sogno che brucia la vita.

Inceneritore Marcegaglia in Capitanata.

Steno, Emma ed Antonio Marcegaglia - Antonio Marcegaglia.
Marcegaglia e Vendola.


1 commento:

  1. SECONDO ME SONO TUTTO PIU' QUELLO CHE NON SI PUO' DIRE E IMMAGINARE DI DIRE.

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Gradita firma degli utenti.